Se l'uomo non si libera dalla
colpa originaria, cercherà invano il rimedio dei mali come la fame, la guerra.
Non si vive senza mangiare , e la fame spinge alla guerra. Dopo il Socialismo
reale, oggi è l'Islam a voler guidare e interpretare la fame del mondo. Ma
anche per l'Islam la nostra vita incomincia con la colpa di Adamo: egli mangia
la «Mela» che può farlo diventare «Dio». Se questo cibo ha tanta «Potenza», l'uomo, mangiandolo, vuole mangiare «Dio», identificarsi alla «Potenza» suprema.
I gesti più indispensabili alla vita , come il cibarsi , sono quindi sentiti
come gli errori più profondi; la vita stessa è deviazione, colpa.
Anche per Eraclito la vera morte è
nascere. L'uomo religioso crede che liquidi, vegetali, animali, corpi
del nemico ucciso contengano forze superiori, divine e che dunque, mangiandoli
e bevendoli, egli possa immedesimarsi con la «Potenza» suprema del «Dio». Il
cibo nutre solo se è sacro. Da noi è diventato routine alimentare e ci si
rifiuta di credere che bere e mangiare possano essere una colpa. Ma si continua
a crederlo nelle patologie alimentari. Ed è vistosa la permanenza del passato
nel rito cattolico dell'«Eucarestia», dove viene mangiato e bevuto il corpo e
il sangue di «Dio».
E comunque
il «Senso» originario del mangiare «Dio» permane nella volontà dell'uomo di
appropriarsi della «Potenza» suprema del «Nuovo Dio», la «Tecnica» (vedi pubbl. Genn. e Febbr. 2014). L' uomo
incomincia a vivere quando vuole diventare qualcosa di diverso da ciò che egli
crede di essere. Affamato, debole, atterrito, vuol essere altro, cioè le
potenze che lo fanno diventare altro , sazio, forte, felice.
L' esperienza religiosa si
rivolge appunto alle forme originarie di questa volontà: mangiare, bere,
uccidere ciò che si mangia e si beve, unirsi sessualmente. Quando si uccide non
si vuole soltanto un vuoto , l'assenza dell' ucciso, ma si vuole occupare il
vuoto ottenuto, incorporando le forze che lo riempivano. «Mangiare» è «Uccidere»;
«Uccidere» è «Mangiare». Anche l' «Unione sessuale», come il «Mangiare e l' Uccidere»,
è un voler diventar l'altro a cui ci si congiunge ed essere uno con esso . Non
si vive senza «Mangiare», «Uccidere», «Unirsi sessualmente». Poi, anche il
sapere verrà inteso come incorporamento (sapere, sapore).
Le religioni vedono la colpevolezza del vivere, ma la
rinviano a un tempo che precede la vita. In quel tempo il «Dio» viene ucciso, o
si tenta di ucciderlo, e tuttavia l' uccisione del «Dio» genera il mondo. Le
parti del mondo sono ad esempio le membra della dea Tiamat. Nel Cristianesimo,
dopo il tentativo fallito di Adamo, è il Verbo stesso di «Dio» che vuol morire
in croce, generando il nuovo mondo redento dal peccato. Perché il «Dio» possa
esser mangiato non è forse necessario che innanzitutto sia ucciso, smembrato,
reso cibo?
La vita è colpa
perché presuppone l' uccisione del «Dio». Al di là di ogni esperienza religiosa,
si fa innanzi qualcosa di essenzialmente più radicale intorno al «Senso»
autentico della colpa del vivere: così radicale da lasciarsi alle spalle le
nostre convinzioni più profonde, e innanzitutto la più profonda e radicata di
tutte: che le «Cose» del mondo siano , come si diceva , un diventar altro, e
che noi viviamo perché vogliamo diventar altro da ciò che siamo e vogliamo far
diventar altro le «Cose» e gli umani. Si fa innanzi, infatti, il pensiero
inaudito e spaesante che la colpa autentica del vivere è proprio il volere
(presente anche nell'amore più tenero) che qualcosa divenga altro da ciò che
essa è.
Mangiare, Uccidere, Unirsi
con l'amore dei sessi è colpa perché in ognuno di questi gesti è presente il
voler diventare e far diventare altro le «Cose», ossia è presente la stessa
condizione fondamentale del vivere. Il pensiero inaudito e spaesante dice
questo: se si crede che qualcosa diventi altro , ad esempio che l'uomo diventi
cenere (o Dio) , allora si crede che egli, diventato altro da sé, è altro da sé,
è altro da ciò che esso è. Se è lui, e non un'altra «Cosa», a diventare altro
da sé, è cioè necessario che egli, restando se stesso, sia insieme ciò che egli
non è; che restando uomo sia, insieme cenere (o Dio).
E credere in tutto questo non è forse la «Follia» estrema, la «Colpa» in cui per altro ci si trova in ogni momento della vita? Così, il
pensiero inaudito vede la «Colpa» e la «Follia» in ciò che per i mortali è l' «Evidenza Suprema». Tale pensiero si fa udire nel fondo di ciascuno di essi anche se
altre voci riempiono le loro orecchie. Si cerca invano il rimedio dei mali, se
il «Senso» autentico della «Follia» e della «Colpa» non viene alla luce.
Interpretare il mondo significa
avvolgere i fatti in significati che è l'uomo a conferir loro. Sin dall'
inizio l'uomo interpreta e nascita e morte, unione dei sessi, fame e sete,
cibo, guerra, pace, sogni. Prime grandi interpretazioni del mondo, i miti e le
religioni dove il cibo e le bevande stanno al centro della scena. Quando l'uomo arcaico mangia e beve soddisfa certo un bisogno, prova piacere. Ma
interpreta il piacere come effetto della «Potenza» elargitagli dal carattere
divino di cibo e bevanda. Dunque, per salvare il mondo e l'uomo il Dio deve
diventare cibo. Ma per diventare cibo deve essere smembrato e sacrificato.
Anche la Bibbia e la religione greca evocano una situazione analoga. Ma
attraverso un percorso che prevede il fallimento del tentativo dell'uomo di
cibarsi di Dio.
Nel libro della
Genesi il «Serpente» dice: «se mangerete il frutto dell'albero del bene e
del male, non solo non morirete, come invece Dio vi dice , ma vi si apriranno
gli occhi, e sarete come dèi». Se mangiare la mela è diventare come dèi , la
mela è anche qui il divino, il Dio. Per acquistare «Potenza» bisogna impadronirsi
della «Potenza» del Dio; e diventare come dèi significa uccidere Dio. Agli
inizi, l' uomo biblico mangia decidendo di uccidere Dio per ereditarne la «Potenza».
Si può pensare che il testo biblico porti alla luce la «Violenza» che si
nasconde al fondo della «Volontà» di mangiare il cibo divino. Ma il tentativo
fallisce, questo Dio non si lascia mangiare ed uccidere e caccia Adamo dal
Paradiso terrestre. Per il «Cristianesimo» l'uomo deve rapportarsi a Dio
liberandosi dalla «Volontà» luciferina di distruggerlo e sostituirvisi . Solo
in questo modo il sacrificio di Cristo non appare come qualcosa di empio.
Sarete come dèi , dice il «Serpente». Sarai come uomo, dice il Padre al Figlio
unigenito. E ancora una volta la «Salvezza» dell'uomo e del mondo richiede lo
smembramento del Cristo e il suo diventare cibo, come appunto accade nell' «Eucarestia».
L' uomo diventa come Dio perché è Cristo a volere che lo diventi. Quel che era «Empio»
come iniziativa umana diventa «Santo» come iniziativa divina.
Anche la religiosità Greca evoca
un tentativo fallito dell'uomo di identificarsi a Dio, che poi si risolve nell'iniziativa
del Dio Dioniso di identificarsi all'uomo. Per Omero, Erodoto e la grande
lirica greca l'uomo è ombra di un sogno , effimero, incapace di avvicinarsi
agli Dèi: meglio per lui se non fosse mai nato. Prometeo tenta di sottrarre
agli Dèi la «Potenza» del fuoco per donarla ai mortali, ma anche il suo
tentativo fallisce, come quello di Adamo. Dioniso è invece una divinità sostanzialmente
estranea all'Olimpo greco. Generato da Semele donna mortale, dice Esiodo, è
fatto a pezzi dai Titani, che lo divorano. Ma Dioniso risorge. Le baccanti, sue
sacerdotesse, sovvertono ogni ordine della natura e del consorzio umano e
divino, dilaniano e divorano animali ed esseri umani, perché nelle carni crude
è presente il Dio che muore e risorge, e fa continuamente morire e risorgere
chi si unisce a lui. Ciò che è «Empio» in Adamo e Prometeo, diviene «Santo» in
Dioniso che si sacrifica e si dona agli uomini. Come Cristo.
Siamo così lontani, oggi, da
queste interpretazioni del mondo? Si crede di sì, ma è per essere «Potente» che
l'uomo vuole diventare Dio e lo uccide e lo mangia. Per essere «Potente» l'uomo
deve voler diventare altro da quello che egli è. E, per volerlo, egli deve
credere che il «divenir altro» non solo sia possibile, ma stia sotto gli occhi
di tutti. Non si riuscirà mai a cogliere il «Senso» autentico della «Potenza» e
della «Violenza», se non si guarderà in faccia e non si metterà in questione
questa apparente astrattezza del «divenir altro» che per altro sin dall'inizio
si incarna nell'assoluta concretezza dell'unione dei sessi, del mangiare e del
bere, del nascere, morire, uccidere. Per l'uomo arcaico il piacere di mangiare
è «Potenza divina» .
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