Insieme a Zaccaria, il
profeta Aggeo (il cui nome rimanda in ebraico al termine “festa”) è il
testimone partecipe della ricostruzione della città santa da parte degli Ebrei
ritornati dall’esilio babilonese. Le date offerte dal libretto del profeta
parlano di agosto-dicembre 520 a.C., allorché si erano intrapresi i lavori di
ricostruzione del tempio di Sion (vedi Esdra 5,1 e 6,14, ove si citano Aggeo e
Zaccaria).
Lo svolgimento dei due capitoli dell’opera di Aggeo è abbastanza netto. Si parte con un’esortazione
rivolta al capo politico degli Ebrei rientrati dalla Babilonia, Zorobabele, e
al sacerdote Giosuè, perché si impegnino ad accelerare i lavori di
riedificazione vincendo gli egoismi e le inerzie (1,1-11). Rispondono
Zorobabele, Giosuè e il popolo (1,12-15), assicurando il loro impegno. Aggeo si
rivolge di nuovo ai suoi interlocutori esaltando l’opera da essi intrapresa: la
gloria del secondo tempio supererà quella dell’edificio salomonico distrutto
nel 586 a.C. dai Babilonesi (2,1-9). In esso confluirà la ricchezza dei popoli
(2,7), cioè i contributi persiani e quelli degli Ebrei della diaspora (il passo
è stato letto in chiave messianica e universalistica da san Girolamo nella sua
versione latina della “Vulgata”).
Le difficoltà agricole che Israele sta attraversando – continua il profeta (2,10-19) – saranno
risolte se si offriranno sacrifici puri e accettabili ritualmente, diversamente
da quanto finora si è fatto. Rivolgendosi, infine, a Zorobabele, Aggeo annunzia
che il Signore abbatterà presto i regni nemici e renderà lo stesso Zorobabele
un “anello-sigillo” (2,20-23). È probabile che il profeta veda nel capo
d’Israele di quegli anni una specie di figura messianica.
Breve scritto, l’opera di Aggeo è composta in un
linguaggio di non alto livello letterario e risulta una testimonianza diretta
della situazione difficile in cui si erano trovati i rimpatriati da Babilonia,
una volta giunti nella terra dei padri e intrapresa la ricostruzione della
città santa di Gerusalemme e del suo tempio.
Nota Finale
Nel 520 a.C., dopo il rientro in patria dall’esilio
babilonese, Aggeo esorta il popolo a completare la ricostruzione del tempio di
Gerusalemme, distrutto da Nabucodonosor circa settant’anni prima. Sono già
passati quasi due decenni dal ritorno degli Ebrei in Palestina, in seguito
all’editto di Ciro del 538 a.C., ma del nuovo tempio sono state poste soltanto
le fondamenta. Aggeo invita allora i capi della comunità giudaica a impegnarsi
con entusiasmo per completare l’opera. Il profeta chiama inoltre i sacerdoti a
purificare il culto e sottolinea il legame fra le antiche tradizioni israelite
e la promessa di un’età messianica. Il tempio, anche per merito delle
insistenze di Aggeo, verrà definitivamente consacrato nel 515 a.C. Il libro,
redatto probabilmente più tardi, contiene soltanto un estratto della vigorosa
predicazione del profeta.
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