Sotto l’unico nome di Zaccaria (che in ebraico significa: “Il Signore
ricorda”) si raccolgono due profeti diversi, così come è accaduto al libro di
Isaia che comprendeva gli scritti di almeno tre differenti profeti. Il
cosiddetto Primo Zaccaria occupa i capitoli 1-8 del libro: egli inizia la sua
predicazione nell’ottobre-novembre del 520 a.C. È quindi contemporaneo del
profeta Aggeo, ma la sua scrittura riflette maggiormente quella di un grande
profeta dell’esilio, Ezechiele.
Gli oracoli del Primo Zaccaria sono, perciò, da collegare ai primi anni della ricostruzione, dopo
l’esilio babilonese, ed evocano i due personaggi principali, il capo politico
Zorobabele e il sacerdote Giosuè.
Le sue pagine sono in
prosa e sono dominate da otto visioni surreali (capitoli 1-6) poste in coppia
tra loro, ma con la prima e l’ultima reciprocamente coordinate. Eccone, allora,
la sequenza simbolica logica.
Prima visione: i
cavalieri (1,7-17); a essa si associa l’ottava: i cocchi (6,1-8). La seconda
visione delle corna e degli artigiani (2,1-4) si raccorda a quella del
“geometra” (2,5-9). La quarta, che mette in scena le vesti sacerdotali di
Giosuè (3,1-10), va insieme con la quinta del candelabro e degli olivi
(4,1-14). La sesta, che introduce un rotolo volante (5,1-4), si connette con la
settima, che presenta un moggio enorme da cui esce una donna, l’«iniquità»
(5,5-11). Non mancano elementi suggestivi come quello del «servo Germoglio»
(3,8), una figura di taglio messianico.
Con il secondo Zaccaria (capitoli 9-14) si passa dalla prosa
alla prevalenza di testi poetici e si giunge fino all’epoca ellenistica, come
sembrerebbe attestato dal passo di 9,1-17 che mette in scena forse Alessandro
Magno e la sua conquista delle città siro-palestinesi (fine IV secolo a.C.). Non mancano anche qui immagini curiose come nella parabola
dei due pastori. Molti elementi di queste pagine sono stati riletti dal Nuovo
Testamento in chiave cristiana: si ricordino il pastore trafitto, i trenta
sicli d’argento e il celebre ingresso in Sion del re-Messia su un asino per
annunziare a tutto il mondo il ristabilimento e il trionfo della pace
(9,9-10).
Nota Finale
Nella prima sezione di questo libro, Zaccaria sprona gli Ebrei tornati dall’esilio, e
specialmente i loro capi Giosuè e Zorobabele, alla ricostruzione del tempio di
Gerusalemme. Gli oracoli del profeta, databili intorno al 519 a.C., si
differiscono notevolmente da quelli dei suoi contemporanei: consistono in
visioni allegoriche e dialoghi esplicativi sul significato delle visioni. Le
immagini, spesso oscure e barocche, sono entrate nel bagaglio tradizionale
della letteratura apocalittica. Segue quindi un’esortazione a osservare i
comandamenti del Signore e la promessa di un premio per coloro che li
rispetteranno.
Nella seconda sezione il tono generale cambia e
l’esposizione rispecchia un’età successiva a quella di Zaccaria. Lo sconosciuto
compilatore di questa parte prevede per Israele guerre e patimenti, dopo i
quali giungerà la redenzione. La descrizione della venuta del re vittorioso e
umile è stata vista dagli scrittori del Nuovo Testamento come una
prefigurazione dell’entrata di Gesù in Gerusalemme nella domenica delle Palme.
Altri simboli, come i trenta denari, l’uomo trafitto e il pastore rifiutato dal
suo popolo, serviranno agli evangelisti per interpretare le ultime ore della
vicenda terrena del Cristo.
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