Posto alla fine della raccolta dei profeti, Malachia – il cui nome potrebbe
essere anche uno pseudonimo, “messaggero di JHWH” (vedi 3,1) – visse forse nel V secolo a.C. e riflette il clima della comunità ebraica al tempo di Esdra
e Neemia. Ma lo apre anche su altri orizzonti più vasti e protesi verso un
futuro messianico: è per questo che Malachia è stato citato ben dodici volte
dal Nuovo Testamento e un suo passo di sapore universalistico (1,11) è stato
applicato, dai primi commentatori cristiani e dal Concilio di Trento,
all’Eucarestia.
Dopo una celebrazione dell’amore di Dio che ha scelto Giacobbe-Israele e rigettato Esaù-Edom
(1,2-5), Malachia polemizza con la freddezza e l’indifferenza dei sacerdoti
nell’espletare le loro funzioni liturgiche (1,6-2,9) e con gli Israeliti che
divorziano dalle loro mogli per sposare donne straniere (2,10-16). Si apre,
così, una pagina grandiosa che dipinge il «giorno del Signore» nel quale si
celebrerà un giudizio di purificazione dal male (2,17-3,5).
Si passa poi a una lezione concreta: le cavallette e la scarsità del raccolto sono viste come segno
della punizione divina a causa dell’infedeltà nel versare le decime al tempio
(3,6-12). Ai giusti scoraggiati il profeta annunzia l’irruzione di Dio nella
storia umana per far finalmente trionfare le vittime delle prepotenze. Questa
irruzione sarà preparata dal ritorno sulla terra di Elia, una promessa che Gesù
applicherà alla figura di Giovanni Battista (3,6-24).
Pieno di Zelo per la santità dei sacerdoti e per il
loro ideale di dedizione alla legge del Signore, impegnato nella perfetta
osservanza del culto e nella moralità dei costumi, sostenitore della purezza
del matrimonio, Malachia riflette un momento storico non facile, segnato da una
pratica religiosa formalistica e da una vita morale in crisi. È questa l’atmosfera
di torpore che egli vuole scuotere con l’annunzio del giudizio imminente di Dio
e che anche Esdra e Neemia avevano cercato di vincere introducendo maggior
rigore nell’osservanza della legge.
Nota Finale
Il nome ebreo Malachia, che significa “mio messaggero”,
probabilmente è solo l’appellativo di un profeta rimasto anonimo. Chiunque sia
il redattore del libro, egli – rivolgendosi agli Ebrei nel V secolo a.C., alcuni decenni dopo il loro ritorno dall’esilio babilonese e
la ricostruzione del tempio – rimprovera non soltanto il popolo ma anche i
sacerdoti per la rilassatezza dei costumi e per le infedeltà all’alleanza.
Come
Zaccaria, Malachia parla del giorno del Signore, in cui Dio benedirà i giusti e
condannerà i malvagi. Il nuovo elemento introdotto dal vaticinio di Malachia è
la promessa che nel grande giorno del giudizio finale sarà inviato un
messaggero per preparare la venuta del Signore e purificare il culto,
messaggero che gli evangelisti del Nuovo Testamento hanno identificato in
Giovanni Battista. Un altro dato di questo profeta, riguardante “l’oblazione
pura” offerta in ogni luogo della terra, è stato liberamente applicato dalla tradizione
cattolica all’Eucarestia, il sacrificio perfetto e universale.
Nessun commento:
Posta un commento