sabato 8 aprile 2017

ARISTOTELE E L’ANIMA SENSITIVA


Dopo aver delineato le funzioni svolte dall’anima “vegetativa”, si analizzano le funzioni della parte “sensitiva”. Questa esiste solo in potenza e, per essere analizzata, deve ricevere l’affezione dell’oggetto. L’oggetto della sensazione, il sensibile, può riferirsi ad un solo senso, e allora è detto “sensibile proprio” – ad esempio il colore della vista, il suono dell’udito, il sapore del gusto –; “comuni” sono invece quelle affezioni che possono riferirsi a più sensi, come ad esempio moto, quiete, numero, figura, grandezza. Così, ad esempio, un movimento è sensibile sia al tatto come alla vista. «In generale, per ogni percezione, bisogna tener presente che il senso è il ricettacolo delle forme sensibili senza la materia, come la cera riceve l’impronta dell’anello senza il ferro e l’oro, accoglie cioè l’impronta aurea o ferrea, ma non in quanto oro o ferro. Analogamente il senso patisce sotto l’azione di ciascun ente che ha colore o sapore o suono, ma non in quanto è considerato ognuno di questi enti, ma in quanto esso è tale, e in virtù della forma» (De Anima, II, 12). 

Quindi nella sensazione è solo la forma quella che viene assimilata e non la materia. Inoltre, nella percezione del “sensibile proprio”, il singolo senso non si può ingannare: le percezioni sono in sé vere, perché rispecchiano la realtà. L’errore può inserirsi soltanto nell’elaborazione dei dati che porta alla rappresentazione. Oltre ai cinque sensi, non vi è altro senso. I “sensibili comuni”, come si diceva, sono colti così come avviene quando percepiamo con la vista il dolce. «I sensi percepiscono accidentalmente i sensibili propri gli uni agli altri, non per ciò che essi stessi sono, ma in quanto costituiscono un unico senso, quando simultaneamente nasce la sensazione per il medesimo oggetto, così abbiamo percezione del fiele perché amaro e giallo: invero non è certamente proprio d’altro senso l’atto di asserire che le due qualità rispondono ad un unico ente: di qui l’inganno e l’opinione che ogni sostanza, purché gialla, sia fiele (De Anima, III, 1). 

I cinque sensi fanno capo al “senso generale” che, oltre alle cinque funzioni specifiche, ne possiede alcune generali. Così ci accorgiamo dei “sensibili comuni mediante la facoltà della percezione assunta nella sua totalità. Dalla «sensazione» derivano la «fantasia», cioè la produzione di immagini, e la «memoria» come conservazione di queste. L’«anima sensitiva», inoltre, ha le funzioni del “movimento” e dell’ “appetire” o “desiderare”. Il movimento stesso deriva dal desiderio, messo in moto dall’oggetto desiderato, colto mediante la «sensazione». 

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