giovedì 20 aprile 2017

ARISTOTELE E L’ANIMA RAZIONALE


Nel processo conoscitivo, esplicato dall’anima, dopo la “percezione” e la “rappresentazione” abbiamo il “pensiero”. Questo, a differenza della fantasia che, pur essendo distinta da sensazione e riflessione, può sussistere senza di esse, non può esistere senza la sensazione. La sensazione è il tramite obbligato del pensiero. 

Per quanto riguarda l’atto intellettivo, questo è analogo all’atto percettivo, sebbene esso sia in rapporto con forme intelligibili le quali devono essere assimilate dall’intelletto analogamente a quanto avviene per la forma sensibile in rapporto alla percezione. Ma «questa parte dell’anima (…) deve essere impassibile, in quanto recettiva della forma e tale e quale essa è in potenza, ma non essa stessa forma (…). Necessariamente, quindi, l’intelletto poiché tutto pensa, è privo di mescolanza – come dice Anassagora – al fine di dominare, vale a dire di conoscere: infatti, il manifestarsi in lui di ciò che gli è estraneo, impedisce ed ostacola, si che non ha nessun altra natura se non questa di essere potenza. Quindi, la parte dell’anima chiamata intelletto (dico intelletto ciò con cui l’anima riflette e concepisce), prima di pensare non è in atto alcuna realtà. Per questo non è neppure logico che sia mescolato al corpo, perché diverrebbe una qualità determinata, o freddo o caldo, oppure avrebbe un organo, come la facoltà sensitiva: ora non ne ha alcuno» 
(De Anima, III, 4). 

L’anima pertanto, in questa sua parte noetica (“Noûs” =intelletto) è luogo delle forme, in quanto possiede la capacità di ricevere tutte le forme. Proprio in quanto l’intelletto è «potenza», cioè capacità di conoscere le forme, occorre un intelletto in «atto» che possa attualizzare questa potenzialità. 

Questo intelletto «attivo», immortale, eterno, incorruttibile, separato dalla materia, è sempre e soltanto in «atto», cioè per agire non deve passare dalla «potenza all’atto» come l’intelletto «possibile» o «passivo». 

Nota finale: Con l’introduzione dell’intelletto «attivo» riemerge nella gnoseologia aristotelica non solo il platonismo ma anche il problema dell’immortalità dell’anima che verrà lungamente dibattuto nei secoli successivi.   


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