I dati più certi riguardano Milano. Ma sembra che possano essere estesi a tutta l'Italia
settentrionale. Al Nord la volontà di far cremare il proprio cadavere sta
crescendo molto più rapidamente che al Sud. I motivi sono diversi. Ad esempio,
quella volontà può esprimere il desiderio di semplificare i rapporti con i
vivi. Forse si è sperimentata e comunque ci si è convinti dell'esteriorità
delle forme tradizionali dell'inumazione e sparendo nel fuoco si aspira ad
essere presenti in modo più autentico nella coscienza dei vivi. Forse perché i
vivi li si è amati poco e quindi non interessa nemmeno quel loro più o meno
apparente rimpianto che è più visibile nell'inumazione che nella cremazione. (Senza con ciò
escludere che si possa esser pieni di amore e insieme desiderare la cremazione). E queste convinzioni possono prendere più piede al Nord
industrializzato, dove la complessità dei rapporti sociali è maggiore, quindi
maggiore l'aspirazione alle semplificazioni, e dove la cultura contadina e il
calore dei rapporti familiari del Sud sono andati illanguidendo.
Ma oltre a molti altri, un motivo
può essere anche una sorta di vendetta verso la vita: è probabilmente più raro,
ma più sintomatico e destinato a crescer di più. Ci si vendica della vita che,
quel poco che ha dato, lo ha dato male e lo ha tolto presto; e allora non le si
vuole lasciar nulla, si vuole incenerire e annientare perfino il proprio
cadavere. In questo caso, il riscontrato aumento dei suicidi andrebbe messo in
relazione alla crescita delle cremazioni. Che si presentano come «forme» di
suicidio da parte di chi vivendo non è riuscito a uccidersi, e deluso dalla
propria esistenza la vuole soppressa, incenerendo perfino quel barlume di vita
biologica che ancora per un poco rimane nel cadavere. Più sintomatico, questo
motivo della volontà di farsi cremare, perché più degli altri è segno dei
tempi. Segno della «desacralizzazione» crescente.
In questa direzione ci si spiega perché la Chiesa abbia per lungo
tempo proibito la cremazione. Propriamente, la proibizione si riferiva
al «sottinteso» che stava alla base della volontà di far cremare il proprio
cadavere : il «sottinteso» dell'inesistenza della Resurrezione della carne.
Poiché non c' è Resurrezione, il cadavere può diventar cenere e nulla. E poiché
il cadavere può diventar cenere non c' è Resurrezione.
Ma chi non crede nella Resurrezione e si fa Cremare intende
appunto dar vita a una forma di suicidio: uccide la propria speranza di
sopravvivenza. La uccide perché la ritiene una fola, una favola, una
«barzelletta».
Vanno allora forse
meglio le cose col vecchio Dio veterotestamentario? Questo Dio dice ad
Adamo, che ha peccato: «Sei polvere e tornerai ad esser polvere». Polvere : Cenere.
Adamo esce dalla Cenere ed è destinato a ritornarvi. Esce dalla cremazione
teurgica e a tale cremazione è destinato a ritornare. La teurgia inceneritrice
concepisce l'uomo come un «nulla» originario, come qualcosa che «di per sé» è «nulla», Cenere.
Questo modo di pensare del
Dio (cioè di chi evoca questo Dio) uccide due volte Adamo, l'uomo. Una
prima volta perché , aprendo la strada che poi sarà percorsa dalla forme
dominanti della civiltà , concepisce l'uomo come Cenere. Una seconda volta
perché lo vede come qualcosa che di per sé è destinato alla Cenere.
Perché meravigliarsi se, all'interno
di questo modo di pensare, cresce la convinzione che le cose tutte e l'uomo
siano «nulla»; e perché meravigliarsi se l'uomo sente sempre più il richiamo
del «nulla» che sempre più a gran voce gli chiede di annientarsi?
Eppure nel fondo di ognuno di noi un'altra voce, quella
autentica, dice che l'uomo non è Cenere, ma è eternamente salvo
dal «nulla» e che la sua è la morte di chi, pur morendo, in quella salvezza
eternamente permane .
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