giovedì 11 settembre 2014

L'INIZIO E LA FINE:IPOTESI SULLA VITA


Quando incomincia la vita umana? Quando finisce? Cosa significa «Vita umana», «Uomo»? «Esiste l' uomo?». l’ ultima domanda sembra paradossale, un perditempo fuori luogo. Sanno tutti che un uomo è un corpo che agisce e si esprime, guidato da sentimenti e pensieri. Di uomini ne vediamo tanti ogni giorno. Ma a rendere umano un corpo sono quei sentimenti e pensieri; che però non si lasciano vedere, toccare, sperimentare, nemmeno nell'amore più profondo. Se ne deve congetturare il contenuto, l'intensità, la provenienza, la direzione. A volte si coglie nel segno; a volte no. Nella vita quotidiana, comunque, non ci si rende conto che l'esistenza stessa dei sentimenti e pensieri altrui, dunque l' esistenza stessa dell'uomo, è una congettura. Tanto poco evidente, l'esistenza dell'uomo, quanto lo è l'esistenza di Dio. 
La Filosofia lo sa da tempo, anche se una delle questioni più complesse è appunto il significato dell'evidenza. Che l'uomo, il suo esser prossimo esista è qualcosa di voluto. Ossia di creduto. Qualcosa di discutibile, dunque. Si ha Fede nell' esistenza dell'uomo; anche se nella vita quotidiana si crede (si ha Fede) che certi esseri siano indiscutibilmente degli uomini. Esistono innumerevoli conferme di questa Fede; ma che certi eventi siano conferme è daccapo una Fede: come è soltanto una Fede che i baci siano una conferma dell'amore, visto che si può esser baciati da chi ci tradisce. 
Per Gesù il prossimo è chi viene amato «Ama il tuo prossimo»; e quindi è prossimo proprio perché viene amato. Dunque è prossimo anche l'amante (il buon Samaritano lo è rispetto all'uomo derubato), giacché se l'amore rende prossimo, cioè vicino, l'amato, anche l'amante si avvicina all'amato, gli si rende prossimo. Un essere è reso prossimo dall'amore, ma l'amare è il contenuto della Legge, ossia di un Comandamento; e non si comanda quel che si ritiene evidente. Al sole che splende nel cielo non si comanda di illuminare la Terra, né a un albero si comanda di non essere una pietra. 
Se per Gesù il prossimo è l' amato-amante, l' amore è un atto di volontà (persino quando non si può fare a meno di amare); dunque anche per Gesù che il prossimo esista è qualcosa di voluto, creduto, è una Fede da cui ci si può quindi allontanare. (Si può dire che il vacillare di questa Fede stia all'origine del massacro che incomincia con l' uomo, ma lo si può dire stando all' interno di questa Fede). 
Anche per Kant che certi esseri debbano essere trattati come prossimo è il contenuto della «Legge Morale», di un «Imperativo», di un «Comando». È un dovere morale credere che il prossimo esista, non è la constatazione di un fatto indubitabile. All'inizio della vicenda dei mortali sulla Terra tutto è per essi prossimo (e demonico): luce e suolo, acque, monti, cielo, stelle, animali e piante, vento, tuono, pioggia, lampo e, certo, anche questi esseri a cui oggi abbiamo ridotto l'ampio cerchio antico del prossimo e che chiamiamo uomini. Ma questa riduzione non ha fatto ancora uscire dalla semplice Fede, dalla semplice volontà che certi eventi siano il prossimo. 
L' esistenza stessa della vita altrui è un grande arcano e oggi, dimenticando tutto questo, si discute con convinzione per stabilire quando la vita altrui incominci e quando finisca! Di più: si ritiene che non ci sia niente, o più niente, da dire intorno al significato dell'incominciare e del finire, e a questo punto l'inadeguatezza della riflessione tocca il fondo. Dalla quale non sanno liberarsi né Scienza, o Cristianesimo e altre forme religiose, né arte e Filosofia. 
Si discute con convinzione per stabilire il momento dell'inizio e della fine di qualcosa . Si può replicare dicendo che la cosa non è poi così scandalosa, giacché è lecito e tutt'altro che insensato discutere sull'inizio e la fine di qualcosa la cui esistenza è probabile; e che anzi è insensato ritenere che alle nostre certezze possa competere qualcosa di più della probabilità più o meno elevata, cioè quel di più che sarebbe la loro «Verità Assoluta» e definitiva. 
Il sogno della Ragione evoca un «Sapere» che stia al di sopra di ogni Fede e di ogni volontà, un «Sapere» che affermi che le cose stanno in un certo modo non perché si vuole e si ha Fede che così stiano, ma perché esse stanno «incontrovertibilmente» così. Ma ci si vorrà accontentare del discorso (il discorso della Scienza, di cui oggi la Chiesa si fida, ossia in cui oggi ha Fede) per il quale è probabile che l'uomo esista, è probabile che la sua vita incominci in un certo momento e in un cert'altro finisca? Si dice che ognuno di noi sperimenta la morte del prossimo, non la propria. Ma poiché l'esistenza stessa del prossimo non è sperimentata, del prossimo non si può sperimentare nemmeno la morte (o la nascita). 
Sia la Ragione, sia la Fede (e innanzitutto la Fede cristiana e delle altre due religioni monoteistiche) «Credono» che l'annientamento delle cose e dei viventi (e il loro uscire dal niente) costituisca quanto di più evidente vi sia, di più manifesto, di più possibile . 

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