Quando incomincia
la vita umana? Quando finisce? Cosa significa «Vita umana», «Uomo»? «Esiste l'
uomo?». l’ ultima domanda sembra paradossale, un perditempo fuori luogo. Sanno
tutti che un uomo è un corpo che agisce e si esprime, guidato da sentimenti e
pensieri. Di uomini ne vediamo tanti ogni giorno. Ma a rendere umano un corpo
sono quei sentimenti e pensieri; che però non si lasciano vedere, toccare,
sperimentare, nemmeno nell'amore più profondo. Se ne deve congetturare il
contenuto, l'intensità, la provenienza, la direzione. A volte si coglie nel
segno; a volte no. Nella vita quotidiana, comunque, non ci si rende conto che
l'esistenza stessa dei sentimenti e pensieri altrui, dunque l' esistenza stessa
dell'uomo, è una congettura. Tanto poco evidente, l'esistenza dell'uomo, quanto
lo è l'esistenza di Dio.
La Filosofia
lo sa da tempo, anche se una delle questioni più complesse è appunto il
significato dell'evidenza. Che l'uomo, il suo esser prossimo esista è qualcosa
di voluto. Ossia di creduto. Qualcosa di discutibile, dunque. Si ha Fede nell'
esistenza dell'uomo; anche se nella vita quotidiana si crede (si ha Fede) che
certi esseri siano indiscutibilmente degli uomini. Esistono innumerevoli
conferme di questa Fede; ma che certi eventi siano conferme è daccapo una Fede:
come è soltanto una Fede che i baci siano una conferma dell'amore, visto che si
può esser baciati da chi ci tradisce.
Per
Gesù il prossimo è chi viene amato «Ama il tuo prossimo»; e quindi è
prossimo proprio perché viene amato. Dunque è prossimo anche l'amante (il buon Samaritano lo è rispetto all'uomo derubato), giacché se l'amore rende prossimo, cioè vicino,
l'amato, anche l'amante si avvicina all'amato, gli si rende prossimo. Un essere
è reso prossimo dall'amore, ma l'amare è il contenuto della Legge, ossia di un
Comandamento; e non si comanda quel che si ritiene evidente. Al sole che
splende nel cielo non si comanda di illuminare la Terra, né a un albero si
comanda di non essere una pietra.
Se
per Gesù il prossimo è l' amato-amante, l' amore è un atto di volontà
(persino quando non si può fare a meno di amare); dunque anche per Gesù che il
prossimo esista è qualcosa di voluto, creduto, è una Fede da cui ci si può
quindi allontanare. (Si può dire che il vacillare di questa Fede stia all'origine
del massacro che incomincia con l' uomo, ma lo si può dire stando all' interno
di questa Fede).
Anche per Kant che
certi esseri debbano essere trattati come prossimo è il contenuto della «Legge
Morale», di un «Imperativo», di un «Comando». È un dovere morale credere che il
prossimo esista, non è la constatazione di un fatto indubitabile. All'inizio
della vicenda dei mortali sulla Terra tutto è per essi prossimo (e demonico):
luce e suolo, acque, monti, cielo, stelle, animali e piante, vento, tuono,
pioggia, lampo e, certo, anche questi esseri a cui oggi abbiamo ridotto l'ampio
cerchio antico del prossimo e che chiamiamo uomini. Ma questa riduzione non ha
fatto ancora uscire dalla semplice Fede, dalla semplice volontà che certi
eventi siano il prossimo.
L'
esistenza stessa della vita altrui è un grande arcano e oggi,
dimenticando tutto questo, si discute con convinzione per stabilire quando la
vita altrui incominci e quando finisca! Di più: si ritiene che non ci sia
niente, o più niente, da dire intorno al significato dell'incominciare e del
finire, e a questo punto l'inadeguatezza della riflessione tocca il fondo. Dalla
quale non sanno liberarsi né Scienza, o Cristianesimo e altre forme religiose,
né arte e Filosofia.
Si discute
con convinzione per stabilire il momento dell'inizio e della fine di qualcosa .
Si può replicare dicendo che la cosa non è poi così scandalosa, giacché è
lecito e tutt'altro che insensato discutere sull'inizio e la fine di qualcosa
la cui esistenza è probabile; e che anzi è insensato ritenere che alle nostre
certezze possa competere qualcosa di più della probabilità più o meno elevata,
cioè quel di più che sarebbe la loro «Verità Assoluta» e definitiva.
Il sogno della Ragione evoca un
«Sapere» che stia al di sopra di ogni Fede e di ogni volontà, un «Sapere» che
affermi che le cose stanno in un certo modo non perché si vuole e si ha Fede
che così stiano, ma perché esse stanno «incontrovertibilmente» così. Ma ci si
vorrà accontentare del discorso (il discorso della Scienza, di cui oggi la
Chiesa si fida, ossia in cui oggi ha Fede) per il quale è probabile che l'uomo
esista, è probabile che la sua vita incominci in un certo momento e in un cert'altro
finisca? Si dice che ognuno di noi sperimenta la morte del prossimo, non la
propria. Ma poiché l'esistenza stessa del prossimo non è sperimentata, del
prossimo non si può sperimentare nemmeno la morte (o la nascita).
Sia la Ragione, sia la Fede (e
innanzitutto la Fede cristiana e delle altre due religioni monoteistiche) «Credono»
che l'annientamento delle cose e dei viventi (e il loro uscire dal niente)
costituisca quanto di più evidente vi sia, di più manifesto, di più possibile .
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