martedì 30 settembre 2014

L'EMBRIONE: IPOTESI E VERITA' (CAP.3)


Secondo la Filosofia a cui (anche) la Chiesa si ispira, un uomo può nascere solo se, prima di esso, esiste qualcosa che ha la capacità o («Potenza») di diventare uomo. Si badi: qualcosa di unitario. Tale principio vale anche per altre forme di  generazione. E così: una statua può essere prodotta solo se, prima di esserlo, esiste, poniamo, un blocco di marmo capace di diventare una statua (per opera dello scultore). Se il blocco fosse in frantumi, nessuno di essi, e nemmeno il loro insieme, avrebbe la capacità di diventare quella statua. Per produrre quella statua bisogna che le parti del blocco non siano frantumi, ma unite; ossia, bisogna che il blocco sia qualcosa di unitario . 
Altro esempio: un uomo può entrare nel Regno dei Cieli (può esistere cioè quel processo che è la generazione di un beato) solo se, prima che egli vi entri, esiste qualcosa di unitario che ha la capacità di entrarvi e che è appunto quell'uomo durante la sua vita terrena. (Non sono la testa, le gambe, o parti della psiche, in quanto tra loro separate, ad avere quella capacità: Non sono cioè i pezzi dell'uomo ad averla). Se non esistessero la capacità del blocco di marmo di diventare statua e la capacità dell'uomo di andare in Cielo, l'esistenza di statue di marmo e di beati sarebbe impossibile. 
E pertanto, ritornando al nostro caso, se, prima della nascita dell'essere umano, non esistesse qualcosa di unitario, avente la capacità di diventare un uomo (se cioè non esistesse un uomo  «in Potenza»), la nascita di uomini sarebbe impossibile. Orbene, per la Chiesa, l' Embrione è, sin dal momento della fecondazione, uomo, persona; e il principio spirituale (l'anima razionale) per il quale l' uomo non è animale è creato da Dio. 
Per la Chiesa, cioè, Dio crea tale principio sin dal momento della fecondazione, cioè dell'unione del gamete maschile e femminile. E siamo al punto. La domanda è: se un uomo può nascere solo se prima di esso esiste un qualcosa di unitario che ha la capacità di diventare un essere umano, e se sin dal momento della fecondazione l' Embrione è essere umano  «in Atto», che cosa è e dove è mai il qualcosa di unitario che ha la capacità di diventare uomo e senza di cui nessun uomo potrebbe nascere? Dov' è l' uomo  «in Potenza»? La Chiesa non può rispondere a questa domanda. Infatti, prima dell' unione dei gameti (con la quale, per la Chiesa, esisterebbe già sin dall' inizio un uomo  «in Atto») , i gameti sono separati e nessuno dei due, in quanto separato, può avere la capacità di diventare uomo. (Come nessuno dei frammenti del blocco di marmo ha la capacità di diventare una statua; né sono i pezzi di un uomo ad avere la capacità di andare in Cielo). E come l'insieme dei frammenti del blocco di marmo non ha la capacità di diventare statua, nemmeno l'insieme dei due gameti separati ha la capacità di diventare uomo. E, per la Chiesa, prima della loro unione non può nemmeno intervenire Dio a infondere in essi l'anima razionale. 
Che cosa segue da tutto questo? Un assurdo: sostenendo che fin dal momento della fecondazione esiste un uomo «in Atto» , la Chiesa viene a negare (contro le proprie intenzioni) l'esistenza della capacità, da parte di qualcosa di unitario, di diventare un uomo; e da questa negazione segue ciò che anche per la Chiesa è un assurdo, ossia che non potrebbe nascere alcun uomo. Ma gli uomini nascono. Dunque ciò che provoca questo assurdo è impossibile, ossia è impossibile che sin dall' inizio l'Embrione sia un Uomo. La Chiesa ricorda che  i due gameti hanno la capacità di generare un individuo ratto allo stato embrionale, che poi si sviluppa e diviene adulto proprio perché esiste una capacità, una potenzialità che si attua nel momento dell'unione. Ma questa capacità di diventare adulto è quella che si costituisce quando l'Embrione ha già incominciato ad esistere: non è quella di cui stiamo parlando, che è la capacità di qualcosa di diventare Embrione umano (o animale), la capacità, cioè, che cessa di esistere quando l'Embrione incomincia ad esistere. 
Per uscire dall'assurdo ora indicato è dunque necessario negare che sin dall'inizio l'Embrione sia un essere umano «in Atto»; e dunque è necessario che Dio infonda l'anima razionale dopo che l'Embrione ha incominciato a esistere, ossia è necessario affermare che ciò che ha la capacità di diventare uomo sia costituito, perlomeno, dallo stato iniziale dell'Embrione, per quanto breve esso sia. Per la scienza non sappiamo quando l'Embrione incominci a essere persona. Ma, sulla base dell' argomentazione ora indicata, la Chiesa, per evitare l'assurdo, deve dire che all'inizio della sua esistenza l'Embrione non è persona. È poco, ma è decisivo. (È poco, perché rimane aperto il problema, per la Chiesa, di accertare l' estensione di quell'inizio, cioè se Dio crei l' anima razionale subito dopo l'unione dei gameti, oppure dopo qualche tempo). 
Non è meglio che la Chiesa, anche qui, ritorni a San Tommaso, per il quale il Feto è animale prima di essere uomo? ( Il riferimento a Tommaso è stato poi ripreso da altri). Uscirebbe dal vicolo cieco in cui si è cacciata.

I biologi non hanno difficoltà ad affermare che un organismo materiale si evolva e divenga mente, coscienza, ragione, cioè essere umano, come, perlopiù, essi non hanno difficoltà ad affermare l'evoluzione delle specie, quella evoluzione, cioè, per la quale l'uomo proviene dalla scimmia. Ma la Chiesa può starsene tranquilla? La Chiesa esclude perentoriamente che la vita umana e il suo inizio possano essere adeguatamente intesi dalla Scienza e dalla Biologia. Tale argomentazione parte proprio dalla supposizione che l'Embrione sia, sin dall'inizio, vita umana (e lo sia nel «Senso» voluto dalla Chiesa, non dalla sola biologia); e così partendo, ossia pur concedendo tutto ciò che sta a cuore alla Chiesa, tale argomentazione mostra a quale assurdo quella supposizione conduca. 
Per la Chiesa la spiegazione adeguata si può raggiungere solo introducendo l'azione di Dio, che crea lui, direttamente, ciò che vi è di propriamente umano nell'uomo. Caso traduce la parola greca «autòmaton» che, alla lettera, significa (ciò) che tende, si muove e si produce da sé. È la parola usata da Democrito, ma anche da Aristotele. Se si guarda ciò che sta attorno all' «autòmaton», non si trova nulla che spieghi perché esso tenda, si muova, si produca. Cioè si trova il «Nulla». Muovendosi e producendosi da sé stesso, si muove e si produce a partire dal proprio «Non Essere». 
Ma quando la Filosofia parla dell'«Essere e del Non Essere» li pensa primariamente in relazione al «divenire» del mondo. Si tratta di comprendere che il Caso non è una forma particolare e più o meno diffusa di «divenire», ma che, dato il modo in cui l' Occidente intende il «divenire», il «divenire», in quanto tale, è Caso: dunque è Caso anche quando, come appunto avviene nella tradizione occidentale, si intende che il «divenire» sia guidato dalla Mente o dalla Provvidenza divina e creato da essa; ed è Caso anche quando si presenta con quelle altissime forme di regolarità che sono state via via messe in luce dall'uomo comune e dalla scienza. 
Per Aristotele l'Embrione è «in Potenza» un Uomo, ossia è il programma seguito dalla vita umana che si sviluppa. L'Embrione diventa uomo, nel «Senso» che realizza il proprio programma (il proprio Dna, dice oggi la genetica). Ma, prima dell'esistenza (cioè dell'Essere) dell'uomo, tale realizzazione non esisteva, cioè non era, era «Nulla». E la biologia si esprime appunto, continuamente, con affermazioni come questa (di Jacob): che l' evoluzione ha prodotto fenomeni che prima sulla terra non esistevano. 
Affermare che l'Embrione è «in Potenza» uomo significa dunque affermare che, nell'Embrione, l'uomo realizzato non è, è «Nulla»: si pensa, certamente, che esista già il programma di un certo individuo umano, ma non la realizzazione di tale individuo. Il programma, che è già esistente, è cioè unito al «Non Essere» (al Nulla) della propria realizzazione. In relazione al programma, tale realizzazione non è casuale: il programma ne è la spiegazione e l'anticipazione. Ma in quanto la realizzazione è nulla quando ancora non esiste l'uomo realizzato, ne viene che questa sua nullità non può essere una spiegazione o un'anticipazione del futuro: è un nulla di spiegazione e di anticipazione. Ciò significa che, proprio perché si produce a partire dal proprio nulla, la realizzazione del programma è un prodursi da sé, un «autòmaton»: è Caso. Non può quindi essere che aleatorio, casuale, il modo stesso in cui il programma guida l' evoluzione degli individui e delle specie. 
Se ancora si vuole parlare di guida, il rapporto tra programma e sua realizzazione (o tra genotipo e fenotipo) può avere soltanto un carattere probabilistico (come l'onda di probabilità di Heisenberg). Ma lo stesso accade nel rapporto tra il Programma divino e le sue creature, che, per quanto anticipate e spiegate dal Programma, secondo la Teologia cristiana sono da esso create ex nihilo sui et subiecti: Dal loro esser (state) «Nulla» e dalla nullità della materia (subiecti) di cui son fatte. 
Nonostante abbiano alle spalle addirittura il Programma divino, le cose del mondo, in quanto create ex nihilo, sono Caso, esistono casualmente. Il Caso prevale sulla Provvidenza, che nella storia dell'Occidente intende, invece, essere spiegazione e anticipazione assoluta delle creature, mantenendo tuttavia, contraddittoriamente, la loro nullità originaria, ossia il loro essere originariamente un «Nulla» che non può in alcun modo spiegare e anticipare la loro realizzazione. La stessa creazione divina del mondo è casuale, nonostante l' intenzione più ferma di vedere in essa la negazione più radicale della casualità. 
Il creazionismo e le forme più intransigenti di evoluzionismo si trovano dunque sullo stesso piano: sono grandi variazioni dello stesso Tema, il Tema del «divenire», inteso come evoluzione dalla «Potenza» all' «Atto» che la realizza, e pertanto come evoluzione dal «Non Essere» all' «Essere». Se si è capaci di scendere nel sottosuolo della filosofia (ossia dell'anima) del nostro tempo, si scorge il legame essenziale che unisce l'Evoluzione (il divenire) e il Caso. Il «divenire» è Caso; e nessuna necessità può caratterizzare i programmi informatici, biologici, metafisici, teologici perché se essa esistesse spiegherebbe e anticiperebbe tutto il futuro e, quindi, lo dissolverebbe perché dissolverebbe il «Nulla» di ciò che ancora non è: dissolverebbe il «divenire» e l' evolversi di cui tale necessità vorrebbe essere la spiegazione e l'anticipazione: dissolverebbe quel «divenire» che, per gli stessi amici dei programmi mondani o divini, è l'evidenza suprema (vedi pubbl. Febbr.-Marzo 2014 Tecnica e Senso greco della cosa-Il Divenire evidenza suprema). 
Quel sottosuolo scorge, pertanto, che l'evoluzione non può nemmeno avere uno scopo necessario. Proprio perché il «Nulla» originario delle cose non spiega e non anticipa il loro futuro, e la loro realizzazione è libertà assoluta, l'evoluzione è cieca, non può avere alcuna direzione se non quella che di fatto, casualmente, si produce e che di fatto è osservabile. Qualora avesse uno scopo inevitabile, quest' ultimo sarebbe daccapo il programma che dissolve il «Nulla» del futuro e il «divenire» del mondo. Se la direzione dei fenomeni biologici è un semplice fatto constatabile (e non una necessità: il «divenire» del mondo non ha «Senso»), rimangono tuttavia gli scopi dell'uomo (il «Senso» che egli dà alle cose): rimane la sua lotta per la sopravvivenza, che ripropone e prolunga, nella dimensione cosciente, la cosiddetta selezione naturale, secondo un tipo di evoluzione in cui va di fatto prevalendo, sugli altri scopi della civiltà occidentale e planetaria, la volontà dell'apparato scientifico-tecnologico di incrementare all'infinito la capacità di realizzare scopi. 
Va dunque prevalendo la selezione artificiale che si propone di guidare - secondo le leggi statistico-probabilistiche della Scienza , la stessa selezione naturale. Per quanto paradossale possa apparire, la teoria dell'evoluzione, e in generale del «divenire», è il farsi massimamente coerente da parte della teoria della creazione divina del mondo; è la variazione più coerente al Tema del «divenire». Ma è questo Tema a non venire mai e in alcun modo discusso nel suo significato più profondo. Esso porta ormai sulle proprie spalle l'intera storia della Terra. 

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