Secondo la Filosofia a cui (anche) la Chiesa si ispira, un uomo può
nascere solo se, prima di esso, esiste qualcosa che ha la capacità o («Potenza»)
di diventare uomo. Si badi: qualcosa di unitario. Tale principio vale anche per
altre forme di generazione. E così: una
statua può essere prodotta solo se, prima di esserlo, esiste, poniamo, un
blocco di marmo capace di diventare una statua (per opera dello scultore). Se
il blocco fosse in frantumi, nessuno di essi, e nemmeno il loro insieme,
avrebbe la capacità di diventare quella statua. Per produrre quella statua
bisogna che le parti del blocco non siano frantumi, ma unite; ossia, bisogna
che il blocco sia qualcosa di unitario .
Altro
esempio: un uomo può entrare nel Regno dei Cieli (può esistere cioè
quel processo che è la generazione di un beato) solo se, prima che egli vi
entri, esiste qualcosa di unitario che ha la capacità di entrarvi e che è
appunto quell'uomo durante la sua vita terrena. (Non sono la testa, le gambe, o
parti della psiche, in quanto tra loro separate, ad avere quella capacità: Non
sono cioè i pezzi dell'uomo ad averla). Se non esistessero la capacità del
blocco di marmo di diventare statua e la capacità dell'uomo di andare in Cielo,
l'esistenza di statue di marmo e di beati sarebbe impossibile.
E pertanto, ritornando al nostro
caso, se, prima della nascita dell'essere umano, non esistesse qualcosa di
unitario, avente la capacità di diventare un uomo (se cioè non esistesse un
uomo «in Potenza»), la nascita di uomini
sarebbe impossibile. Orbene, per la Chiesa, l' Embrione è, sin dal momento
della fecondazione, uomo, persona; e il principio spirituale (l'anima razionale)
per il quale l' uomo non è animale è creato da Dio.
Per la Chiesa, cioè, Dio crea tale principio sin dal momento
della fecondazione, cioè dell'unione del gamete maschile e femminile. E siamo
al punto. La domanda è: se un uomo può nascere solo se prima di esso esiste un
qualcosa di unitario che ha la capacità di diventare un essere umano, e se sin
dal momento della fecondazione l' Embrione è essere umano «in Atto», che cosa è e dove è mai il
qualcosa di unitario che ha la capacità di diventare uomo e senza di cui nessun
uomo potrebbe nascere? Dov' è l' uomo
«in Potenza»? La Chiesa non può rispondere a questa domanda. Infatti, prima
dell' unione dei gameti (con la quale, per la Chiesa, esisterebbe già sin dall'
inizio un uomo «in Atto») , i gameti
sono separati e nessuno dei due, in quanto separato, può avere la capacità di
diventare uomo. (Come nessuno dei frammenti del blocco di marmo ha la capacità
di diventare una statua; né sono i pezzi di un uomo ad avere la capacità di
andare in Cielo). E come l'insieme dei frammenti del blocco di marmo non ha la
capacità di diventare statua, nemmeno l'insieme dei due gameti separati ha la
capacità di diventare uomo. E, per la Chiesa, prima della loro unione non può
nemmeno intervenire Dio a infondere in essi l'anima razionale.
Che cosa segue da tutto questo?
Un assurdo: sostenendo che fin dal momento della fecondazione esiste un uomo «in
Atto» , la Chiesa viene a negare (contro le proprie intenzioni) l'esistenza
della capacità, da parte di qualcosa di unitario, di diventare un uomo; e da
questa negazione segue ciò che anche per la Chiesa è un assurdo, ossia che non
potrebbe nascere alcun uomo. Ma gli uomini nascono. Dunque ciò che provoca
questo assurdo è impossibile, ossia è impossibile che sin dall' inizio l'Embrione
sia un Uomo. La Chiesa ricorda che i due
gameti hanno la capacità di generare un individuo ratto allo stato embrionale,
che poi si sviluppa e diviene adulto proprio perché esiste una capacità, una
potenzialità che si attua nel momento dell'unione. Ma questa capacità di
diventare adulto è quella che si costituisce quando l'Embrione ha già
incominciato ad esistere: non è quella di cui stiamo parlando, che è la capacità
di qualcosa di diventare Embrione umano (o animale), la capacità, cioè, che
cessa di esistere quando l'Embrione incomincia ad esistere.
Per uscire dall'assurdo ora indicato
è dunque necessario negare che sin dall'inizio l'Embrione sia un essere umano
«in Atto»; e dunque è necessario che Dio infonda l'anima razionale dopo che l'Embrione
ha incominciato a esistere, ossia è necessario affermare che ciò che ha la
capacità di diventare uomo sia costituito, perlomeno, dallo stato iniziale
dell'Embrione, per quanto breve esso sia. Per la scienza non sappiamo quando l'Embrione
incominci a essere persona. Ma, sulla base dell' argomentazione ora indicata,
la Chiesa, per evitare l'assurdo, deve dire che all'inizio della sua esistenza
l'Embrione non è persona. È poco, ma è decisivo. (È poco, perché rimane aperto
il problema, per la Chiesa, di accertare l' estensione di quell'inizio, cioè se
Dio crei l' anima razionale subito dopo l'unione dei gameti, oppure dopo
qualche tempo).
Non è meglio che la
Chiesa, anche qui, ritorni a San Tommaso, per il quale il Feto è
animale prima di essere uomo? ( Il riferimento a Tommaso è stato poi ripreso da
altri). Uscirebbe dal vicolo cieco in cui si è cacciata.
I biologi
non hanno difficoltà ad affermare che un organismo materiale si evolva e
divenga mente, coscienza, ragione, cioè essere umano, come, perlopiù, essi non
hanno difficoltà ad affermare l'evoluzione delle specie, quella evoluzione,
cioè, per la quale l'uomo proviene dalla scimmia. Ma la Chiesa può starsene
tranquilla? La Chiesa esclude perentoriamente che la vita umana e il suo inizio
possano essere adeguatamente intesi dalla Scienza e dalla Biologia. Tale
argomentazione parte proprio dalla supposizione che l'Embrione sia, sin dall'inizio,
vita umana (e lo sia nel «Senso» voluto dalla Chiesa, non dalla sola biologia);
e così partendo, ossia pur concedendo tutto ciò che sta a cuore alla Chiesa,
tale argomentazione mostra a quale assurdo quella supposizione conduca.
Per la Chiesa la spiegazione
adeguata si può raggiungere solo introducendo l'azione di Dio, che crea lui,
direttamente, ciò che vi è di propriamente umano nell'uomo. Caso traduce la
parola greca «autòmaton» che, alla lettera, significa (ciò) che tende, si muove
e si produce da sé. È la parola usata da Democrito, ma anche da Aristotele. Se
si guarda ciò che sta attorno all' «autòmaton», non si trova nulla che spieghi
perché esso tenda, si muova, si produca. Cioè si trova il «Nulla». Muovendosi e
producendosi da sé stesso, si muove e si produce a partire dal proprio «Non Essere».
Ma quando la Filosofia parla
dell'«Essere e del Non Essere» li pensa primariamente in relazione al «divenire»
del mondo. Si tratta di comprendere che il Caso non è una forma particolare e
più o meno diffusa di «divenire», ma che, dato il modo in cui l' Occidente
intende il «divenire», il «divenire», in quanto tale, è Caso: dunque è Caso
anche quando, come appunto avviene nella tradizione occidentale, si intende che
il «divenire» sia guidato dalla Mente o dalla Provvidenza divina e creato da
essa; ed è Caso anche quando si presenta con quelle altissime forme di
regolarità che sono state via via messe in luce dall'uomo comune e dalla
scienza.
Per Aristotele l'Embrione è «in
Potenza» un Uomo, ossia è il programma seguito dalla vita umana
che si sviluppa. L'Embrione diventa uomo, nel «Senso» che realizza il proprio
programma (il proprio Dna, dice oggi la genetica). Ma, prima dell'esistenza
(cioè dell'Essere) dell'uomo, tale realizzazione non esisteva, cioè non era,
era «Nulla». E la biologia si esprime appunto, continuamente, con affermazioni
come questa (di Jacob): che l' evoluzione ha prodotto fenomeni che prima sulla
terra non esistevano.
Affermare che
l'Embrione è «in Potenza» uomo significa dunque affermare che, nell'Embrione,
l'uomo realizzato non è, è «Nulla»: si pensa, certamente, che esista già il
programma di un certo individuo umano, ma non la realizzazione di tale
individuo. Il programma, che è già esistente, è cioè unito al «Non Essere» (al
Nulla) della propria realizzazione. In relazione al programma, tale
realizzazione non è casuale: il programma ne è la spiegazione e l'anticipazione. Ma in quanto la realizzazione è nulla quando ancora non esiste
l'uomo realizzato, ne viene che questa sua nullità non può essere una
spiegazione o un'anticipazione del futuro: è un nulla di spiegazione e di
anticipazione. Ciò significa che, proprio perché si produce a partire dal
proprio nulla, la realizzazione del programma è un prodursi da sé, un «autòmaton»:
è Caso. Non può quindi essere che aleatorio, casuale, il modo stesso in cui il
programma guida l' evoluzione degli individui e delle specie.
Se ancora si vuole parlare di
guida, il rapporto tra programma e sua realizzazione (o tra genotipo e fenotipo)
può avere soltanto un carattere probabilistico (come l'onda di probabilità di
Heisenberg). Ma lo stesso accade nel rapporto tra il Programma divino e le sue
creature, che, per quanto anticipate e spiegate dal Programma, secondo la Teologia
cristiana sono da esso create ex nihilo sui et subiecti: Dal loro esser (state)
«Nulla» e dalla nullità della materia (subiecti) di cui son fatte.
Nonostante abbiano alle spalle
addirittura il Programma divino, le cose del mondo, in quanto create ex nihilo,
sono Caso, esistono casualmente. Il Caso prevale sulla Provvidenza, che nella
storia dell'Occidente intende, invece, essere spiegazione e anticipazione
assoluta delle creature, mantenendo tuttavia, contraddittoriamente, la loro
nullità originaria, ossia il loro essere originariamente un «Nulla» che non può
in alcun modo spiegare e anticipare la loro realizzazione. La stessa creazione
divina del mondo è casuale, nonostante l' intenzione più ferma di vedere in
essa la negazione più radicale della casualità.
Il creazionismo e le forme più intransigenti di
evoluzionismo si trovano dunque sullo stesso piano: sono grandi variazioni
dello stesso Tema, il Tema del «divenire», inteso come evoluzione dalla «Potenza»
all' «Atto» che la realizza, e pertanto come evoluzione dal «Non Essere» all' «Essere».
Se si è capaci di scendere nel sottosuolo della filosofia (ossia dell'anima)
del nostro tempo, si scorge il legame essenziale che unisce l'Evoluzione (il
divenire) e il Caso. Il «divenire» è Caso; e nessuna necessità può
caratterizzare i programmi informatici, biologici, metafisici, teologici perché
se essa esistesse spiegherebbe e anticiperebbe tutto il futuro e, quindi, lo
dissolverebbe perché dissolverebbe il «Nulla» di ciò che ancora non è:
dissolverebbe il «divenire» e l' evolversi di cui tale necessità vorrebbe
essere la spiegazione e l'anticipazione: dissolverebbe quel «divenire» che, per
gli stessi amici dei programmi mondani o divini, è l'evidenza suprema (vedi pubbl. Febbr.-Marzo 2014 Tecnica e Senso greco
della cosa-Il Divenire evidenza suprema).
Quel sottosuolo scorge,
pertanto, che l'evoluzione non può nemmeno avere uno scopo necessario. Proprio
perché il «Nulla» originario delle cose non spiega e non anticipa il loro futuro,
e la loro realizzazione è libertà assoluta, l'evoluzione è cieca, non può avere
alcuna direzione se non quella che di fatto, casualmente, si produce e che di
fatto è osservabile. Qualora avesse uno scopo inevitabile, quest' ultimo
sarebbe daccapo il programma che dissolve il «Nulla» del futuro e il «divenire»
del mondo. Se la direzione dei fenomeni biologici è un semplice fatto constatabile
(e non una necessità: il «divenire» del mondo non ha «Senso»), rimangono tuttavia
gli scopi dell'uomo (il «Senso» che egli dà alle cose): rimane la sua lotta per
la sopravvivenza, che ripropone e prolunga, nella dimensione cosciente, la
cosiddetta selezione naturale, secondo un tipo di evoluzione in cui va di fatto
prevalendo, sugli altri scopi della civiltà occidentale e planetaria, la
volontà dell'apparato scientifico-tecnologico di incrementare all'infinito la
capacità di realizzare scopi.
Va dunque
prevalendo la selezione artificiale che si propone di guidare - secondo
le leggi statistico-probabilistiche della Scienza , la stessa selezione
naturale. Per quanto paradossale possa apparire, la teoria dell'evoluzione, e
in generale del «divenire», è il farsi massimamente coerente da parte della
teoria della creazione divina del mondo; è la variazione più coerente al Tema
del «divenire». Ma è questo Tema a non venire mai e in alcun modo discusso nel
suo significato più profondo. Esso porta ormai sulle proprie spalle l'intera
storia della Terra.
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