venerdì 13 giugno 2014

IL DILEMMA DELLA PREGHIERA


Alla fine del Vangelo di Marco (16,16-17) Gesù dice: «Chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato». Ma, prima di questa sentenza, il testo racconta come Gesù abbia unito strettamente e sorprendentemente il tema del «Credere» a quello della «Preghiera». In quanto inseparabile dalla «Fede», la «Preghiera» sta, dunque, al centro di ciò che più conta: la «Salvezza Eterna». In quel testo Gesù dice: «Abbiate Fede in Dio. In verità vi dico che se qualcuno dirà a questa montagna: "Togliti di lì e gettati nel mare" e non avrà alcun dubbio nel suo cuore, ma crederà che quel che dice s' abbia a compiere, questo gli accadrà. Perciò vi dico: tutte le cose che chiederete nella “Preghiera” abbiate fede di ottenerle e le otterrete. E quando vi accingete a pregare, perdonate, se avete qualcosa contro qualcuno, affinché il Padre vostro che è nei cieli perdoni i vostri peccati». 
Chiedere a Dio qualcosa è pregare. Se si prega Dio di avere da lui qualcosa che egli non vuol dare, non si potrà mai essere esauditi. A Dio si può chiedere, dunque, solo quel che egli vuol dare. Si può volere solo quel che egli vuole. Se Gesù dice che chi crede sarà salvo, egli vuole la salvezza dell'uomo. Quel suo dire è, cioè, un comandare all'uomo di «Credere». Non lo lascia solo, dunque, a trovare la forza che lo porti a «Credere». Vuole che creda. E quindi, pregando, l'uomo deve innanzitutto chiedere, senza aver dubbi, di «Credere» e otterrà di essere un «Credente», cioè salvo. 
E nemmeno spezza in due il Padre Nostro, come se nella prima parte volesse che sia fatta la «Volontà di Dio», ma nella seconda gli dicesse quel che vuole lui, il pane quotidiano, la liberazione dal male ecc. Infatti, se Gesù gli comanda di chiedere il pane, è perché sa che il Padre vuole che l'uomo abbia il pane. Lo stesso si dica per gli altri doni richiesti. Anche per quello espresso dalle parole: «E perdona a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori». Infatti nella «Preghiera» autentica l' uomo può chiedere di essere perdonato solo se sa che Dio vuole perdonarlo. 
La «Preghiera» di Gesù contiene dunque anche l'implicazione, vincolante e compromettente, tra il perdono per i propri debiti, che un uomo chiede a Dio, e il perdono, da parte di quest'uomo, dei debiti che gli altri hanno nei suoi confronti. Perdonami come io perdono, dice quell'uomo. Egli chiede perdono perché sa che Dio vuole perdonarlo. Tutto questo significa che, quando, nella «Preghiera» di Gesù, l' uomo chiede a Dio di perdonare i propri debiti come egli perdona quelli dei propri debitori, è necessario che l'uomo creda che Dio vuole che egli abbia la forza di perdonarli. 
Anche il perdono delle offese è, dunque, qualcosa che l'uomo chiede a Dio, sapendo che anche questa sua capacità di perdonare è voluta da Dio e che, quindi, egli la otterrà. L' uomo è salvo solo se ha «Fede» nel Figlio di Dio. Ma la «Fede» è inseparabile dalla «Volontà» che vuole quello che è voluto da Dio e la «Preghiera» è quel mettersi in rapporto con Dio, dove non solo si dice di volere quel che Dio vuole, ma lo si vuole effettivamente, cioè si perdona il prossimo, lo si ama e si fa tutto ciò che Dio prescrive. E, volendo tutto questo, si è convinti di ottenerlo, giacché chi crede di volere quel che è voluto da Dio non può pensare che Dio non sia capace di ottenere quel che vuole. Ma è anche necessario che chi vuole che sia fatta la «Volontà di Dio», sia convinto di essere il giusto, il buono, il santo . Convinto di essere il giusto che perdona le offese e ama il suo prossimo, chi prega nel modo dovuto agisce nel mondo e si imbatte in situazioni via via diverse, portando sempre con sé quella convinzione. 
Per Gesù la Politica è innanzitutto perdonare le Offese e Amare. Ma che una certa azione sia un'offesa, una cert'altra sia un perdono o una forma di amore è chi agisce nel mondo a doverlo decidere! A questo punto chi presta ascolto alla parola di Gesù si trova davanti a due strade; dunque a un «Dilemma». O rinuncia a credere che il modo in cui egli decide di considerare offesa, perdono, amore certe azioni sia esso stesso un volere ciò che Dio vuole; oppure non compie questa rinuncia e crede che tutto quello che egli vuole e fa sia voluto da Dio
Nel primo caso, non può più credere , in relazione alle valutazioni e decisioni che egli, da solo, deve adottare nel mondo , nell' identità tra la «Volontà» propria e quella di Dio: rinuncia a credere e, quindi, a pregare nel modo autentico; rinuncia, pertanto, alla propria «Salvezza». 
Nel secondo caso, crede che ogni sua azione privata o pubblica sia la «Volontà di Dio» e che, quindi, egli sia il giusto, il buono, il santo che sa capire quando un' azione è offesa, perdono, amore e, dunque, sa realizzare il regno di Dio in terra. Certo, il «Cristiano» si ritrae da entrambe queste strade, anche se entrambe sono una tentazione costante. Tenterà di andare un po' sull'una e un po' sull'altra. Ma proprio per questo non tradirà forse la propria «Fede» e «Coerenza»?

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