domenica 11 giugno 2017

ARISTOTELE E LA CRITICA A PLATONE


Innanzitutto, In polemica sulla questione delle “Idee”, dotate secondo Platone di una esistenza propria, Aristotele sostiene che queste non esistono in quanto tali, ma esistono invece in quanto «forme» che fanno intelligibili le cose, di cui costituiscono l’«essenza». Ogni cosa, infatti, è «sinolo» di materia e forma. 

L’esempio del bronzo come materia, della configurazione del bronzo data dallo scultore come forma, e dalla statua in quanto materia organizzata in una certa forma, «sinolo», ricorre più volte in Aristotele e serve a illustrare uno dei punti focali della sua teoria. 

Secondo:  È opportuno un raffronto tra l’impostazione aristotelica della politica e quella platonica. Innanzi tutto Aristotele critica Platone per non aver distinto il rapporto politico che intercorre tra governante e governato e quello istituito tra padrone e schiavo o quello presente nelle relazioni familiari, come se non vi fosse alcuna distinzione di natura nel concetto di una grande casa e in quello di un piccolo Stato. 

La differenza tra queste realtà non è di ordine quantitativo ma di specie. Del pari critico è nei confronti dell’accentuazione del concetto di unità dello Stato, che in Platone per realizzarsi deve passare attraverso l’abolizione della famiglia e della proprietà privata. «Eppure è chiaro che se uno Stato nel suo processo di unificazione diventa sempre più uno, non sarà neppure uno Stato, perché lo Stato è per sua natura pluralità e diventando sempre più uno si ridurrà a famiglia da Stato e a uomo da famiglia» (Pol., II, 1). 

Dunque, chi fosse in grado di realizzare un tale tipo di unità, in realtà verrebbe a distruggere lo Stato, che è sì unità, ma fondata su elementi specificatamente diversi. Del pari, Aristotele è contrario alla proprietà comune. «In realtà, la proprietà dev’essere comune in qualche modo, ma, come regola generale, privata: così la separazione degli interessi non darà luogo a rimostranze reciproche, sarà piuttosto uno stimolo, giacché ciascuno bada a quel che è suo, mentre la virtù farà sì che nell’uso le proprietà degli amici siano comuni». (ibidem - nella stessa opera -, II, 5). 

Educare a ciò è compito del legislatore. Proprio per questo, il legislatore deve tener conto dell’incidenza della proprietà sulle relazioni sociali e politiche, e deve mirare a raggiungere un certo equilibrio. Con le leggi e la educazione, occorre allora «equilibrare i desideri più che le sostanze e ciò non è possibile se non a chi è convenientemente educato dalle leggi (II, 7). La legge si fonda sul costume e questo si realizza soltanto in un lungo lasso di tempo. Sicché non si devono mutare con leggerezza le leggi. Ma Aristotele è più in generale contrario alla impostazione della politica platonica: al suo tentativo di una deduzione astratta delle norme, alla rigida scissione tra le classi, al potere affidato a filosofi e guerrieri, alla scarsa attenzione dedicata, almeno nella “Repubblica”, alla storia e alle consuetudini. 

Nota finale

In contrasto con la visione dualistica di Platone dove l’ “anima” è vista come totalmente altro dal “corpo”, preesistente a questo e destinata all’immortalità, Aristotele, recuperando l’unità del vivente, definisce l’ “anima” come principio formale e attuale della vita organica, principio intelligibile che, strutturando il “corpo” (materia), lo fa essere ciò che deve essere.

  

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