La «Tecnica» destinata a dominare il mondo è abissalmente diversa dalla «Tecnica» dei «governi tecnici». La Politica diventerebbe grande Politica se lo capisse. Il capo del governo dice di non interessarsi delle «ideologie», ma di voler risolvere i problemi concreti dell’economia e della società italiana. Ma uno dei tratti caratteristici della «Tecnica» che i «governi tecnici» si propongono di valorizzare è appunto questo: il disinteresse per la gestione ideologica dei problemi. (Vedi post Dicembre 2013 Governi tecnici)
Il
disinteresse di Matteo Renzi procede dunque in direzione di quella
gestione tecnologica dei problemi alla quale egli crede di voltare le spalle.
Ma a questo punto va anche detto che sia un «governo tecnico» come quello di
Monti (o quello che si ritiene oggi dominante in Europa), sia un «governo
politico-non tecnico», come quello che Renzi intende promuovere, sono
chiaramente e robustamente ideologici. C’è bisogno di ricordare che anche il Capitalismo
è un’ideologia? Sì, nonostante tutto ce n’è un gran bisogno! Il Capitalismo non
è la «legge naturale eterna» dei rapporti economici.
Nonostante la crisi
attuale, il Capitalismo è
l’ideologia vincente in grandi aree del Pianeta, ma non per questo i
suoi principi (ad esempio autonomia e libertà dell’individuo, proprietà
privata, uso della merce per aumentare il profitto, dipendenza dei consumi
della gente e della ricchezza delle nazioni dall’iniziativa privata) sono
verità assolute. Ebbene, sia i «governi tecnici», sia i «governi politici non
tecnici» oggi in circolazione si propongono di adottare le misure più idonee
per guarire il Capitalismo dalla malattia che lo sta affliggendo: per guarire
ciò che è percepito come la dimensione che da ultimo determina e configura i
rapporti sociali e la stessa sorte dei governi. Che quindi, siano di destra
oppure di sinistra, si combattono in famiglia.
L’ideologia capitalistica stabilisce pertanto anche il modo
in cui la «Tecnica» deve essere usata e usata anche dai «governi tecnici». Sì
che, in quanto regolata dal Capitalismo, anche la «Tecnica» è un’ideologia. In
Italia, poi, tutti quei tipi di governo sono chiaramente e robustamente delle
ideologie anche perché, oltre ad esser guidati dall’economia di mercato,
sentono fortemente l’influenza dell’ideologia della Chiesa cattolica. Se poi si
rifiuta la «Tecnocrazia» e si vuole che alla guida della società stia la Politica,
allora il carattere ideologico dell’esecutivo cresce ulteriormente, perché la
Politica stessa (la Politica come «arte» Politica) è «ideologia». Un agire
economico è capitalistico solo se, oltre ad un insieme di altri fattori, è un
agire a rischio (tanto che nel rischio la scienza economica individua uno dei
principali motivi che giustificano il profitto e la sua entità); e il rischio
caratterizza in modo essenziale anche la decisione di credere in un’«ideologia».
Ma quanto si sta dicendo del carattere rischioso dell’intrapresa capitalistica
va detto anche della Politica in quanto tale.
Il politico rischia come
l’imprenditore (Vedi
post L’Imprenditore Ott. 2013). Le sue decisioni non sono garantite da una competenza
tecno-scientifica, anche se la tecno-scienza fornisce alla Politica i mezzi con
cui essa può realizzare le proprie decisioni. Sono decisioni a rischio; quindi
eminentemente ideologiche. Si può osservare che queste considerazioni sono ben
poco utili a risolvere i problemi attuali, come ad esempio quello della
regolamentazione del lavoro. Ma se i popoli non pensano di essere alla fine
della loro esistenza, allora, ancora più decisivi dei «problemi attuali» e
«concreti» sono quelli relativi alla direzione verso cui il mondo sta andando.
Appunto rispetto a questo tema si fa avanti il carattere decisivo della
differenza abissale tra la «Tecnica» quale oggi si presenta sul Pianeta e ciò
che essa è destinata a diventare: «Tecnocrazia». Un termine, questo, da
intendere tuttavia in «senso» del tutto diverso da quello in cui la «Tecnocrazia»
è stata concepita a partire da Saint-Simon, e poi da Thorstein Veblen fino alle
analisi curate da Hansfried Kellner e da Frank W. Heuberger. In queste prospettive
si ignora l’inevitabilità del processo in cui la «Tecnica», da mezzo delle
ideologie che intendono servirsene per realizzare i loro scopi, diventa il loro
scopo e dunque le domina.
Inoltre,
le forme di sapienza della tradizione obiettano alla «Tecnocrazia» quale è
comunemente intesa che non tutto ciò che essa può fare è lecito farlo; e la «Tecnica»,
come tale, non possiede oggi una risposta capace di risolvere l’obbiezione.
Infatti la risposta adeguata presuppone che la «Tecnica» sia capace di ascoltare
e di capire la voce dell’essenza (peraltro tendenzialmente nascosta) della
filosofia degli ultimi due secoli, che mostra l’impossibilità dell’esistenza di
Limiti assoluti all’agire umano e quindi all’agire tecnico, giacché solo la
filosofia, non la scienza, può mostrare tale impossibilità e autorizzare la
destinazione della «Tecnica» al «Dominio».
Va
richiamato anche un ulteriore motivo di tale destinazione. La gestione della produzione industriale è
ideologica (capitalistica o spuria come quella cinese o araba).
Servendosi della «Tecnica» per realizzare i propri scopi, tale gestione sta
distruggendo la Terra. Oggi si riconosce che questo è il pericolo maggiore per
l’umanità. Ma la gestione ideologica dell’economia, distruggendo la Terra,
distrugge se stessa.
Quindi o va incontro all’autodistruzione, oppure, per
evitarla, assume come scopo la capacità della «Tecnica» di produrre energie
alternative non inquinanti. Rinuncia cioè ai propri scopi. E anche in questo
caso va incontro all’autodistruzione. Alla guida dell’agire del mondo si
pone la «Tecnica», l’ideologia vincente che sostituisce il Capitalismo alla
guida del mondo e ha come scopo l’incremento indefinito della capacità di
realizzare scopi. «L’ultimo Dio».
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