giovedì 1 agosto 2013

CAPITALISMO E CHIESA (CAP. 3)


Ricordiamo che … «Lo scopo di un' azione è l' essenza stessa di tale azione». Già Aristotele lo affermava. Quindi se un' azione cambia il proprio scopo, l' azione stessa cambia e solo in apparenza può sembrare la stessa. Il mangiare quando si mangia per vivere è diverso dal mangiare quando si vive per mangiare. Lo stesso si dica del vivere.

Il Capitalismo è un agire complesso che però, in ogni sua intrapresa, ha come scopo il «Profitto» e basta, Non l' «Amore del prossimo».

Da tempo la Chiesa, pur riconoscendo che il «Profitto» è naturalmente legittimo, lo condanna quando e in quanto esso voglia essere lo scopo della organizzazione economica. Il «Profitto» è legittimo se si mantiene nella giusta misura: non come scopo di tale organizzazione ma come mezzo con cui questa realizza lo scopo legittimo, ossia il «Bene Comune». Un mezzo per realizzare la Carità cristiana, l' «Amore del prossimo».

Ma prescrivendo al Capitalismo di avere come scopo il «Bene Comune» Cristianamente inteso, la Chiesa gli prescrive di assumere uno scopo diverso da quello che costituisce l' essenza stessa del Capitalismo, ossia di diventare qualcosa di diverso da ciò che esso è : Lo invita ad andare all' altro mondo.

Lo stesso invito del Comunismo (diversamente motivato). Infatti, se il Capitalismo nella giusta misura assume come scopo non più il «Profitto» ma il «Bene Comune», allora il Capitalismo è necessario allo sviluppo economico ma è anche diventato un diverso modello di organizzazione, che del Capitalismo e del «Profitto» conserva soltanto il nome , come del vivere e del mangiare si conserva soltanto il nome quando, invece di vivere per mangiare, si mangia per vivere.

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