sabato 25 novembre 2017

VOLONTÀ


«Volere il meno possibile e conoscere il più possibile è la massima che deve guidare la nostra vita. La Volontà è infatti l'elemento assolutamente infimo e spregevole in noi: bisogna nasconderlo come si nascondono i genitali, benché siano entrambi alla radice del nostro essere».

Comincia così il "libro segreto" che il filosofo tedesco Arthur Schopenhauer (1788-1860) custodiva gelosamente come un vademecum strettamente personale e che è stato tradotto in italiano col titolo "L'arte di conoscere se stessi" (Adelphi). In verità sono tante le pagine che meriterebbero una lettura e che ci aiuterebbero a penetrare nel segreto intimo della vita ma anche a stabilire un dialogo col mondo che ci avvolge, non senza una punta di realismo e persino di pessimismo, per altro congenito in questo pensatore. Non vogliamo entrare nel merito specifico della frase citata che si connette a un pensiero più generale di Schopenhauer. 
Ciò che ci preme è sottolineare più semplicemente che l'esaltazione eccessiva della volontà può essere pericolosa. Essa tante volte procede senza che si sia approfondita la «conoscenza», creando così guasti irreparabili. Quante persone vogliono senza sapere, rivelandosi in tal modo stupidi oltre che avventati e prepotenti. Anzi, in molti casi reagiscono con veemenza perché il loro volere è frustrato; eppure dovrebbe essere ovvio che «non può tutto la virtù che vuole», come diceva Dante (Purgatorio XXI, 105). 
Per questo il filosofo, che pure riconosce essere la volontà «alla radice del nostro essere», ci invita a quella dote così scarsamente diffusa ai nostri giorni, cioè al «pudore». «Pudore», certo, nella sfera sessuale, ma anche pudore e continenza nell'esercizio sfrenato, arrogante, spregiudicato della volontà. E, al contrario, rivolgersi a una pratica più assidua e rigorosa della «riflessione» e della «conoscenza».

sabato 18 novembre 2017

CHE COS'È LA VERITÀ?


«La verità è simile a Dio: non appare immediatamente, bisogna che la intuiamo attraverso le sue manifestazioni».

«Che cos'è la verità?» disse Pilato per scherzo e non aspettò la risposta. Così, nei suoi Saggi, il famoso pensatore inglese Francesco Bacone ironizzava sulla figura del Pilato descritto dal Vangelo di Giovanni. Sta di fatto, però, che anche se disattesa e sbeffeggiata, la sua rimane una domanda che continua a serpeggiare nell'umanità. Molti appunto l'accantonano, altri le riservano risposte sbrigative, altri sono scettici sulla possibilità di una risposta. Noi oggi mettiamo sulla ribalta quelli, coloro che desiderano scoprire il volto autentico della verità. E a costoro il grande poeta tedesco Goethe indica una via nel testo citato: come Dio si svela mediante i suoi segni ed epifanie, così accade per la verità.

Ci vogliono, quindi, occhi limpidi e vigili, capaci di identificare le tracce che il vero dissemina nell'essere e nell'esistere, nello spazio e nella storia. Bisogna, tuttavia, essere molto sorvegliati e attenti nel procedere in questo itinerario di ricerca. Aristotele, nel suo trattato sul Cielo, giustamente osservava che «la più piccola iniziale deviazione dalla verità si moltiplica, man mano che si avanza, mille volte tanto» e così ci si allontana sempre più da essa. Un po' come avveniva nel campo descritto dalla parabola di Gesù, ove grano e zizzania crescevano insieme, così accade anche nella storia umana, ove non sempre è facile distinguere tra i frutti buoni della verità e quelli avvelenati della falsità. D'Annunzio diceva che «il falso e il vero son le foglie alterne d'un ramoscello», ed è necessaria molta cura per discernerle. È per questo che nel Vangelo di Giovanni lo Spirito Santo è detto «Spirito di verità» che svela la profonda e inconcussa incontrovertibile verità che libera e salva. 

sabato 11 novembre 2017

IGNORANZA


«La nostra conoscenza può essere solo finita, mentre la nostra ignoranza deve necessariamente essere infinita».

A dire queste parole non è un predicatore in vena di moralismo, ma uno dei grandi filosofi della scienza del secolo scorso, il viennese Karl Popper, nato nel 1902 e morto a Londra nel 1994. Espressioni analoghe erano state dette o scritte da scienziati del livello di Einstein, Heisenberg e Planck. L'orizzonte della nostra conoscenza, pur esaltante, quanto più s'allarga tanto più vede l'immensità dell'ignoto che gli si schiude innanzi. Questa "ignoranza" è nobile e Montaigne, il celebre pensatore del Cinquecento, nei suoi Saggi la puntualizzava così: «L'ignoranza che si conosce e giudica non è vera ignoranza. Lo è solo quando ignora se stessa». L'ignorante saccente è il vero ignorante e il suo è «un male invincibile», come lo definiva Sofocle in uno dei frammenti a lui attribuiti.

Purtroppo ai nostri giorni la superficialità è una divisa indossata con orgoglio, l'arroganza dell'insipiente è rispettata e considerata segno di decisionismo e persino di acutezza. Essa conduce non solo all'approssimazione e all'impreparazione, ma anche alla rozzezza, all'inciviltà, alla cafonaggine, come si è soliti dire (e chi lo è – rozzo, incivile, cafone –, non s'imbarazza certo di essere così classificato). Finisco come ho iniziato. Leggete le righe che ora cito. Non sono neanch'esse di un predicatore, né di un pessimista della ragione. È nientemeno che Voltaire il quale nella sua Vita di Federico II scriveva, fin esagerando: «Non sappiamo nulla di noi stessi e ci muoviamo, viviamo, sentiamo e pensiamo senza sapere come. Gli elementi della materia ci sono sconosciuti. Siamo ciechi che procedono e ragionano a tentoni». 

sabato 4 novembre 2017

CONOSCENZA


Esiste un solo bene, la «conoscenza», e un solo male, l'«ignoranza». La conoscenza conduce all"unità, come l'ignoranza conduce alla diversità. Due aforismi, oggi, per un unico tema, la «conoscenza». Partiamo dalla prima frase: «Esiste un solo bene, la conoscenza» è la voce di Socrate così come ce la tramanda lo scrittore greco del III sec. a.C. Diogene Laerzio nelle sue Vite dei filosofi. Bisogna, però, intenderci: il "conoscere" a cui rimanda Socrate non è un semplice sapere ma è la «sapienza», il «riflettere», il «giudicare». E non c"è bisogno di dire quanto questa «realtà»  sia carente ai nostri giorni nei quali impera la superficialità, la battuta, l"imbonimento televisivo. 
È su questa considerazione di base che possiamo appoggiare la seconda citazione, desunta dall"Insegnamento di un personaggio della spiritualità indiana, Shri Ramakrishna (1836-1886), attento anche alla religiosità cristiana e musulmana, con qualche rischio di sincretismo: «Esiste un solo male, l'ignoranza». Egli, comunque, ha ragione: la violenza del fondamentalismo si nutre di ignoranza, come lo è la reazione becera di certi europei all'altro, al diverso, allo straniero. L'ignoranza crea paure anche dove c'è normalità; isola, condanna tutto ciò che è esterno al proprio perimetro. La «conoscenza» autentica, invece, scopre i valori comuni e riesce a far convivere in armonia le differenze, come accade in un contrappunto musicale. Perciò, bisogna istruire gli altri e istruire noi stessi, non con un'informazione banale ma con una formazione seria. 
E questa sarà non l'unica ma una sicura via di pace.