domenica 12 luglio 2015

I QUATTRO ELEMENTI DELLA BIBBIA


«I Cattolici hanno un grande rispetto per la Bibbia e questo rispetto lo dimostrano standone il più lontano possibile». Dichiarazione che lo scrittore francese Paul Claudel aveva fatto nel 1946. Certo, il Concilio Vaticano II ha avvicinato di molto la Sacra Scrittura ai fedeli nella liturgia e nella catechesi; le edizioni della Bibbia, i commenti, le introduzioni si sono moltiplicati. Eppure pochi sono riusciti a leggere integralmente e a meditare tutte quelle pagine, e forse la Bibbia che hanno in casa è rimasta su uno scafale. I quattro particolari originali ed essenziali della Bibbia sono:
  1. il nome e il canone
  2. la struttura
  3. la rivelazione e l’ispirazione
  4. l’interpretazione

Primo: «Bibbia» deriva dal nome plurale greco «Biblia» che significa letteralmente «i libri». E’ un termine usato a partire dal III secolo d.C., divenuto poi nel latino del Medioevo un sostantivo femminile, «Biblia», da cui è derivato il nostro «Bibbia», il «Libro» per eccellenza. Sotto questo vocabolo si raccolgono 46 libri scritti prima di Cristo e chiamati tradizionalmente «Antico Testamento», espressione della prima alleanza tra Dio e Israele, e 27 libri sacri cristiani chiamati «Nuovo Testamento». La determinazione del numero di questi libri, che costituiscono le sacre scritture ebraiche e cristiane, è avvenuta attraverso l’illuminazione dello «Spirito» all’interno della Chiesa e ha avuto la sua formulazione ufficiale nel «Canone», cioè nell’elenco dei libri sacri, definito già nei primi secoli cristiani e solennemente ratificato per la Chiesa cattolica dal Concilio di Trento (1546). 

Secondo: L’Antico Testamento rivela tre grandi regioni che comunemente in ambito cristiano sono così delineate: i libri storici, che comprendono i primi cinque libri della Bibbia (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio) e i successivi testi della storia d’Israele (ad esempio, Giosuè, Samuele, Re); i libri sapienziali, che sono simili a grandi riflessioni sul mistero di Dio, dell’uomo e dell’universo (ad esempio, i Salmi, Giobbe, Proverbi, Cantico dei Cantici); i libri profetici che raccolgono gli oracoli dei grandi profeti come Isaia, Geremia, Ezechiele e quelli di altri profeti «minori» come Amos, Osea, o Zaccaria. Gli ebrei, invece, attribuiscono un peso maggiore ai primi cinque libri che chiamano «Torah», la legge, e che noi siamo soliti definire «Pentateuco», un termine greco che significa «cinque custodie», perché essi erano raccolti in particolari contenitori in segno di venerazione. Il resto dell’Antico Testamento è diviso dagli ebrei in «Profeti» (“anteriori”: i libri storici, e “posteriori”: i profeti in senso stretto) e in «Scritti» che sostanzialmente equivalgono ai libri «sapienziali» sopra citati. Più semplice l’articolazione del Nuovo Testamento, scandita dai Vangeli, dagli Atti degli Apostoli, dalle Lettere di Paolo, dalle Lettere cattoliche (così dette perché scritti apostolici destinati alla Chiesa universale), e dall’Apocalisse. 

Terzo: la Bibbia contiene la «Rivelazione» divina , cioè la manifestazione del «mistero», della volontà segreta di Dio, «volontà di chiamare gli uomini a sé e renderli partecipi della sua natura divina per mezzo di Gesù Cristo», come ha dichiarato il Concilio Vaticano II. Questa «Rivelazione» si è compiuta attraverso eventi storici e parole ed è stata distribuita nel tempo e nello spazio, approdando poi allo scritto della Bibbia. E’ questa la «storia della salvezza» che ha il suo apice nel Cristo, parola di Dio fatta carne. L’Antico e il Nuovo Testamento costituiscono il racconto di questa storia in cui Dio e l’uomo sono profondamente intrecciati fino a raggiungere una piena unità in Cristo. L’«Ispirazione» consiste, invece, nell’azione dello «Spirito Santo» all’interno di coloro che narrarono la «storia della salvezza» e la «Rivelazione» divina: pur restando legati alla loro cultura e pur conservando la loro libertà e le loro qualità umane, essi furono guidati dallo “Spirito” a «insegnare con certezza, fedelmente e senza errore la verità che Dio, in ordine alla nostra salvezza, volle fosse consegnata alle sacre Lettere», secondo quanto afferma ancora il Concilio. La Parola di Dio perfetta ed "eterna" si rivestì, così, di parole umane, concrete e storiche. Sant’Agostino scriveva: «ci sono pervenute lettere da quella città celeste verso cui siamo pellegrini: sono le sacre scritture». 

Quarto: L’autore umano – si diceva – non è annullato. E’ per questo che nella Bibbia si trovano modi di espressione, come i cosiddetti “generi letterali”, che appartengono a una cultura e a forme di comunicazione ben definite e persino datate. C’è una visione scientifica del mondo sorpassata. Anzi, c’è uno snodarsi progressivo legato alla successione storica che parte da Abramo e arriva sino a Gesù Cristo e alla Chiesa delle origini cristiane. Per cogliere quella «verità in ordine alla nostra «salvezza» che Dio ci vuole comunicare è necessaria l’«Interpretazione» corretta della Bibbia. Sotto la guida dello «Spirito Santo», effuso nella Chiesa, ma anche con l’aiuto della critica storica e letteraria per comprendere le parole umane, il fedele riesce a scoprire nella Bibbia il grande progetto di salvezza che Dio ha inaugurato nella creazione, ha progressivamente attuato nella storia d’Israele e ha portato a pienezza nel Figlio suo Gesù. 

Essendo la Parola divina e le parole umane intimamente intrecciate tra loro, è necessario che l’«Interpretazione» unisca «Fede e Scienza», «illuminazione e comprensione», «tradizione e ricerca». Il risultato, allora, non sarà solo la conoscenza di un documento storico-letterario, pur affascinante e fondamentale nella cultura dell’Occidente, ma l’adesione a una "Parola" che è lampada per i passi, martello che spacca la roccia, spada che trafigge, fuoco che incendia, pioggia che feconda, miele che nutre, come ama dire la stessa Bibbia. Paolo scriveva a Timoteo: «ogni Scrittura è ispirata da Dio, utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare nella giustizia, affinché l’uomo di Dio sia ben formato, perfettamente attrezzato per ogni opera buona» (2Timoteo 3,16)

          

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