mercoledì 5 giugno 2019

LETTERA AGLI EBREI



Subito dopo l’epistolario paolino, è posto un lungo testo intitolato fin dall’antichità “Lettera agli Ebrei”. Già lo scrittore cristiano Origene nel III secolo si chiedeva: «Chi ha scritto questa lettera? Il vero, Dio solo lo sa!». Incerto è, dunque, l’autore: anche se non manca qualche legame con Paolo, la lingua, lo stile e il pensiero sono nuovi. Incerti sono anche i destinatari, certo non Ebrei, ma piuttosto giudeo-cristiani, e incerte sono pure le coordinate storiche e geografiche dello scritto.

L’unica cosa certa è che siamo in presenza di un capolavoro letterario e teologico (il suo è forse il greco più elegante dell’intero Nuovo Testamento). Si tratta di una grandiosa omelia, accompagnata da un biglietto (13,22-24), al cui centro domina la figura di Cristo, sacerdote perfetto della nuova alleanza tra Dio e l’umanità. Il profilo di questa immagine centrale è tracciato ricorrendo all’Antico Testamento, alle sue pagine sui sacrifici e sulla liturgia, e alla figura di Melchisedek, il re-sacerdote che incontra Abramo (Genesi 14).

Se la parte fondamentale dell’opera è dedicata a Cristo, Dio e uomo, superiore agli angeli e solidale con l’uomo, sommo sacerdote fedele e misericordioso, un’ampia sezione è riservata anche all’impegno del cristiano, soprattutto alla fede, che è cantata nel capitolo 11 attraverso una vera e propria galleria di personaggi biblici, proposti come modelli alla comunità, destinataria di questa intensa omelia.

La meta ultima dell’esperienza di fede è, però, l’incontro pieno e definitivo con Dio, seguendo Cristo che porta la croce: la patria del cristiano non è quaggiù, ma è oltre il tempo e lo spazio. È su questi “sentieri diritti” che dobbiamo avviarci, tenendo fisso lo sguardo su «Gesù Cristo, lo stesso ieri e oggi e sempre» (13,8).

Nota Finale

Più che una lettera vera e propria, questa agli Ebrei è lungo sermone scritto con una profonda conoscenza della Bibbia. Linguaggio, stile e dottrina inducono a pensare che l’autore non sia Paolo, ma qualcuno che si muove nella sua linea di influenza. Anche i destinatari restano nel vago: si pensa a comunità giudeo-cristiane molto disorientate dalle persecuzioni e forse tentate di tornare al giudaismo. La crisi di fede appare così forte che alcuni studiosi avanzano l’ipotesi che destinatari della lettera siano addirittura dei sacerdoti del tempio di Gerusalemme, convertiti al Cristianesimo. Per ricondurli all’entusiasmo del primo amore per Gesù Cristo, l’unico vero eterno sacerdote-pontefice, mediatore della nuova e definitiva alleanza, si sottolinea la superiorità del sacerdozio di Cristo su quello di Aronne e del suo sacrificio sui sacrifici levitici. Incerta è anche la data di composizione della lettera, per quanto si possa collocarla qualche anno prima del 70 d.C.



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