martedì 7 maggio 2019

LETTERA A TITO



Tito, collaboratore di Paolo, era di origine pagana e forse era stato convertito dallo stesso apostolo, se almeno si intende in questo senso l’appellativo di «vero figlio nella fede comune», che gli viene rivolto proprio in apertura alla lettera (1,4). Anche se gli Atti degli Apostoli non lo menzionano mai, la presenza di Tito accanto a Paolo è costante ed è sorgente di serenità, di conforto e di amicizia nelle fatiche e nelle difficoltà dell’evangelizzazione, come si intuisce soprattutto da alcuni passi della seconda lettera ai Corinzi (in particolare nei capitoli 7-8).

Lo scritto indirizzato a Tito è piuttosto denso a livello teologico e cerca di riproporre la fede cristiana nelle sue radici fondamentali: esemplare in questo senso è il brano presente in 2,11-14, ove vengono messe in luce le tappe della storia della salvezza – a partire dall’incarnazione fino alla piena manifestazione o “epifania” gloriosa di Cristo – e si esalta anche la risposta morale del cristiano. Lo sfondo di questa professione di fede è probabilmente quello della catechesi battesimale.

Si ritrovano, poi, in queste pagine altri elementi caratteristici delle lettere pastorali paoline. Si delinea, così, il ritratto dei presbìteri e dei “vescovi” (1,5-9), nei cui confronti Tito ha una funzione di responsabilità all’interno della Chiesa di Creta a nome dell’apostolo. Appaiono ancora una volta i falsi maestri che turbano la coscienza dei cristiani: nei loro confronti si pronunziano a più riprese parole piuttosto aspre di condanna (1,10-16; 3,9-11), non esitando a ricorrere a una citazione di un poeta cretese del VI secolo a.C., Epimenide di Cnosso, che aveva bollato i suoi connazionali come «sempre bugiardi, cattive bestie, ventri pigri» (vedi 1,12).

Come nelle precedenti lettere a Timoteo, anche in questa destinata a Tito si ha una rappresentazione dal vivo dei problemi pastorali delle prime comunità cristiane, con un’attenzione particolare all’impegno coerente nella fede e nella carità. Un impegno che viene giustificato ricorrendo all’insegnamento tradizionale cristiano, richiamato nelle sue componenti fondamentali come guida contro le tentazioni delle deviazioni dottrinali, che minacciavano la fede della comunità.

Nota Finale

Tito è uno dei primi Greci convertiti al Cristianesimo. Battezzato da Paolo, partecipa con lui all’assemblea di Gerusalemme, organizza per suo incarico la colletta in favore di quella Chiesa e, durante la seconda prigionia romana dell’apostolo, viene mandato a predicare in Dalmazia. Paolo gli invia questa lettera a Creta, dove l’ha lasciato a organizzare “ciò che rimane da fare”, e lo esorta a insegnare a ogni categoria di persone “ciò che è secondo la sana dottrina”, a costruire in ogni città i presbìteri (capi delle comunità locali), a vigilare sui rapporti con le autorità e con le diverse culture in base a un criterio di rispetto e di intelligente vigilanza critica. 



1 commento:

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