Questo secondo scritto indirizzato ai cristiani
della città greca di Tessalonica, situata nella regione della Macedonia, a
causa di alcune variazioni notevoli di stile e di pensiero riguardo a temi già
trattati nella prima lettera, ha fatto pensare ad alcuni studiosi che non sia
di Paolo, ma di un suo discepolo o del suo ambito. Certo è che la situazione
ecclesiale presentata da questa missiva è differente rispetto a quella
registrata nella precedente e può darsi che rimandi a un periodo successivo. La
finale della lettera, comunque, insiste sull’autenticità paolina dello scritto
(3,17), che è sempre sotto il sigillo dell’ispirazione divina.
Due sono le parti della lettera. Nella prima, che occupa il capitolo 2, si affronta nuovamente la
questione della “parousìa” o «venuta»
finale di Cristo: a Tessalonica, anche attraverso lettere falsamente attribuite
all’apostolo, si è creato un clima di attesa spasmodica. Paolo ribadisce la
necessità di evitare questi eccessi e di essere fedeli all’impegno quotidiano
nella storia, ove si svolge la lotta tra bene e male, che solo alla fine avrà
il suo compimento.
La seconda sezione della lettera è presente, invece, nel capitolo 3 e tocca ancora
l’esperienza della comunità tessalonicese, che viene richiamata a una vita non
illusoria, sospesa verso l’attesa di eventi straordinari, bensì impegnata nel
lavoro, nella carità fraterna, nei propri doveri. Si respira in questa lettera
un’atmosfera particolare, quella che lo stesso Paolo esprime ricorrendo al
linguaggio apocalittico, soprattutto nei termini e nelle immagini presenti in
2,3-11. Questo linguaggio, già noto nell’Antico Testamento (ne sono un esempio
alcune parti del libro di Daniele), era diffuso anche nel mondo giudaico.
È così che ci incontriamo con figure e segni negativi, posti sotto l’ “egida” (protezione, difesa,
salvaguardia) del demoniaco, come l’«uomo
dell’iniquità», «il figlio della
perdizione», «il mistero
dell’iniquità», «l’apostasia», «il giorno del Signore». Il male che
imperversa nella storia rimane, però, sotto il controllo divino fino alla meta
ultima, quando sarà definitivamente debellato. Il tema fondamentale è, perciò,
quello del rapporto tra vicende storiche e il fine ultimo verso cui esse
convergono secondo il piano di Dio.
Nota Finale
Scritta soltanto due o
tre mesi dopo la prima, questa seconda lettera ai Cristiani di Tessalonica ha
un tono più preoccupato e deciso. Paolo deve reagire di fronte alla diffusione
di fantasiose notizie sulla imminenza della fine del mondo, “propalate” (divulgate)
anche con l’ausilio di lettere fatte passare per sue, e deve combattere le
conseguenze pratiche che alcuni ne hanno subito dedotto, come l’inutilità del
lavoro e dell’impegno. Paolo, richiamandosi alla dottrina autentica di Gesù e
della tradizione apostolica, insiste sulla certezza che il Signore verrà e sarà
Lui l’ultimo vincitore; ma – sia pure con un linguaggio un po’ ermetico, almeno
per noi – ricorda che prima devono succedere diversi fatti anche dolorosi, da
affrontare con fede e serenità. Nell’attesa non bisogna essere oziosi, ma
perseveranti e vigilanti.
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