venerdì 5 aprile 2019

SECONDA LETTERA AI TESSALONICESI



Questo secondo scritto indirizzato ai cristiani della città greca di Tessalonica, situata nella regione della Macedonia, a causa di alcune variazioni notevoli di stile e di pensiero riguardo a temi già trattati nella prima lettera, ha fatto pensare ad alcuni studiosi che non sia di Paolo, ma di un suo discepolo o del suo ambito. Certo è che la situazione ecclesiale presentata da questa missiva è differente rispetto a quella registrata nella precedente e può darsi che rimandi a un periodo successivo. La finale della lettera, comunque, insiste sull’autenticità paolina dello scritto (3,17), che è sempre sotto il sigillo dell’ispirazione divina.

Due sono le parti della lettera. Nella prima, che occupa il capitolo 2, si affronta nuovamente la questione della “parousìa” o «venuta» finale di Cristo: a Tessalonica, anche attraverso lettere falsamente attribuite all’apostolo, si è creato un clima di attesa spasmodica. Paolo ribadisce la necessità di evitare questi eccessi e di essere fedeli all’impegno quotidiano nella storia, ove si svolge la lotta tra bene e male, che solo alla fine avrà il suo compimento.

La seconda sezione della lettera è presente, invece, nel capitolo 3 e tocca ancora l’esperienza della comunità tessalonicese, che viene richiamata a una vita non illusoria, sospesa verso l’attesa di eventi straordinari, bensì impegnata nel lavoro, nella carità fraterna, nei propri doveri. Si respira in questa lettera un’atmosfera particolare, quella che lo stesso Paolo esprime ricorrendo al linguaggio apocalittico, soprattutto nei termini e nelle immagini presenti in 2,3-11. Questo linguaggio, già noto nell’Antico Testamento (ne sono un esempio alcune parti del libro di Daniele), era diffuso anche nel mondo giudaico.

È così che ci incontriamo con figure e segni negativi, posti sotto l’ “egida” (protezione, difesa, salvaguardia) del demoniaco, come l’«uomo dell’iniquità», «il figlio della perdizione», «il mistero dell’iniquità», «l’apostasia», «il giorno del Signore». Il male che imperversa nella storia rimane, però, sotto il controllo divino fino alla meta ultima, quando sarà definitivamente debellato. Il tema fondamentale è, perciò, quello del rapporto tra vicende storiche e il fine ultimo verso cui esse convergono secondo il piano di Dio.    

Nota Finale

Scritta soltanto due o tre mesi dopo la prima, questa seconda lettera ai Cristiani di Tessalonica ha un tono più preoccupato e deciso. Paolo deve reagire di fronte alla diffusione di fantasiose notizie sulla imminenza della fine del mondo, “propalate” (divulgate) anche con l’ausilio di lettere fatte passare per sue, e deve combattere le conseguenze pratiche che alcuni ne hanno subito dedotto, come l’inutilità del lavoro e dell’impegno. Paolo, richiamandosi alla dottrina autentica di Gesù e della tradizione apostolica, insiste sulla certezza che il Signore verrà e sarà Lui l’ultimo vincitore; ma – sia pure con un linguaggio un po’ ermetico, almeno per noi – ricorda che prima devono succedere diversi fatti anche dolorosi, da affrontare con fede e serenità. Nell’attesa non bisogna essere oziosi, ma perseveranti e vigilanti.



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