mercoledì 15 aprile 2015

HITLER E IL SUO LIBRO «MEIN KAMPF»


Gli Ebrei hanno qualità positive di coesione e di solidarietà che mancano ai Tedeschi. Affetti da «eccessivo individualismo», i Tedeschi sono «Ariani degenerati». Si trovano in uno stato di debolezza, di divisione, di estremo pericolo. Giudizi questi, espressi da Hitler in persona, nel suo scritto Mein Kampf («La mia battaglia»). 
Mein Kampf è stato studiato come un'opera di filosofia politica. Per esempio, Hitler rivela il suo «odio» per ciò che riteneva fossero i due mali gemelli del mondo: «comunismo ed ebraismo». Il nuovo territorio di cui la Germania aveva bisogno avrebbe realizzato nella giusta maniera il «destino storico» del popolo tedesco; tale obiettivo, a cui Hitler si riferiva parlando del Lebensraum (spazio vitale), spiega perché Hitler, con modi aggressivi, volle estendere la Germania ad est e, in particolar modo, invadere la Cecoslovacchia e la Polonia, prima ancora di lanciare il suo attacco contro la Russia. Nel libro Hitler sostiene apertamente che in futuro la Germania «dovrà dipendere dalla conquista dei territori ad est a spese della Russia». 
Nel corso dell'opera, Hitler evidenzia le sofferenze politiche del cancelliere tedesco nel parlamento della Repubblica di Weimar e inveisce contro gli ebrei e i socialdemocratici, così come i marxisti. Annuncia di voler distruggere completamente il sistema parlamentare ritenendolo per lo più corrotto, sulla base del principio secondo cui i detentori del potere sono opportunisti per natura. Altri punti salienti del libro sono:
  • la creazione di un socialismo nazionale;
  • la lotta al bolscevismo;
  • l'antisemitismocon questa parola si indicano i pregiudizi e gli atteggiamenti persecutori nei confronti degli ebrei «paura, odio irrazionale per i giudei»;
  • la caratterizzazione della razza ariana pura e superiore;
  • l'alleanza con il Regno Unito al fine d'evitare un'eventuale guerra su due fronti.

Hitler si rappresenta come «Übermensch», con riferimento all'opera «Così parlò Zarathustra» di Friedrich Nietzsche (Vedi post Maggio 2014 La Dottrina della Morte di Dio), intendendo con «Superuomo» un uomo capace di essere superiore a se stesso e ai propri impulsi e che, quindi, in questa accezione, andrebbe tradotto con un più esplicativo «Oltreuomo». Tuttavia lo stesso Nietzsche era stato uno dei più grandi critici tedeschi contro l'antisemitismo sviluppatosi nel XIX secolo. 

Nel Mein Kampf è presente una diffusa enfasi sul Cristianesimo quale base ideologica della dottrina di Hitler che paragona l'ascesa del Nazismo a quella del Cristianesimo originale ed equipara se stesso a Gesù nella sua opposizione alle istituzioni ebraiche. Mein kampf fu profondamente influenzato dalle teorie sull'evoluzione di Ernst Haeckel

In Mein Kampf, Hitler, basandosi su documenti falsi noti come i protocolli dei Savi di Sion, formula principalmente la tesi del «pericolo ebraico», secondo la quale esiste una cospirazione ebraica con l'obiettivo di ottenere la supremazia nel mondo. Il testo descrive il processo con cui egli diventa gradualmente antisemita e militarista, soprattutto durante i suoi anni vissuti a Vienna; tuttavia le ragioni più profonde del suo antisemitismo rimangono ancora un mistero. Racconta di non aver incontrato alcun ebreo fino al suo arrivo a Vienna e che la sua mentalità era inizialmente liberale e tollerante. Quando s'imbattè per la prima volta nella stampa antisemita, dice lui, la respinse non reputandola meritevole di seria considerazione. Successivamente gli stessi punti di vista antisemiti vennero accettati e divennero cruciali nel suo programma di ricostruzione nazionale della Germania. 

il Mein kampf già esprime quelle idee che accresceranno il risentimento storico di Hitler e le ambizioni per la creazione di un Nuovo Ordine. Le leggi razziali promulgate da Hitler rispecchiano fedelmente le idee espresse nel Mein Kampf. Nella prima edizione Hitler ha affermato che la distruzione del debole e del malato è molto più umana della loro protezione. A parte ciò, Hitler vede uno scopo nel distruggere «il debole» perché tale azione fornisce, più di ogni altra cosa, lo spazio e la purezza necessaria al forte. 

Funestamente celebre; scritto tra il 1924 e il 1925; il libro più diffuso in Germania sino alla fine della seconda guerra mondiale. Per Hitler i tedeschi di quel tempo erano un «Armento». Che non solo si era allontanato dalla creatività, volontà di dominio e genialità del vero ariano (un giudizio, questo, ripetuto da Hitler poco prima di uccidersi), ma che aveva anche il torto di essere «Oggettivo», insensibile alla prospettiva nazionalistica (che appunto si pone al di sopra dell' «Oggettività») e dunque inferiore allo spirito «Dialettico» degli Ebrei. 

In primo piano sta l' analisi delle «Corrispondenze» tra le espressioni più ricorrenti e significative usate da Hitler. I cui giudizi riportati all'inizio non risultano irresponsabili, ma appartengono a un piano ben preciso, che giustifica il successo di un uomo come Hitler in uno dei Paesi più civili del mondo. 

E’ già notevole che al centro delle pagine di Hitler non stia «Come ci si potrebbe attendere, la razza Ariana, ma quella Ebraica», considerata come il prototipo della razza «Aliena» che ha di mira, alleandosi con i «Bolscevichi», la distruzione della civiltà ariana. Tutti gli insulti più odiosi e minacciosi sono usati da Hitler contro gli Ebrei, che tuttavia hanno ai suoi occhi alcune qualità positive, che costituiscono per i tedeschi il pericolo maggiore. Egli addita cioè ai tedeschi il pericolo mortale in cui son venuti a trovarsi per colpa degli ebrei; ma non li deprime, perché presenta loro quel Partito Nazionalsocialista che sarebbe stata l'unica forza capace di salvarli e farli diventare quel che essi sono dalla loro essenza ariana. Il suo partito è unito, ha Fede e, pur lottando contro il marxismo, capisce i problemi della classe operaia. Così «Hitler suscitava antisemitismo non solo tramite la spiegazione dei fallimenti» dei tedeschi, «Ma anche presentando gli ebrei superiori ai tedeschi in una importante dimensione di confronto: coesione, solidarietà, omogeneità»: «Una dimensione in cui non si vuole essere inferiori». 

Dunque, in conclusione, Hitler, capace di raffinate intuizioni sull'uomo sociale, per diffondere il suo programma ha operato sulle motivazioni e i processi previsti dalle teorie psicosociali. Il testo «è basato su tre idee»: «Darwinismo sociale» (lotta eterna tra forti e deboli, «Selezione naturale», «Spazio vitale», ecc. ecc.), «Principio etnocentrico» (al centro dell' esistenza c' è una certa razza, un certo popolo) e «Principio della personalità» (l' individuo superiore guida «la massa stupida e incapace»). 

Questi tre princìpi appartengono (in modo filosoficamente ingenuo) a una grande dimensione comune, che più o meno corrisponde ai due ultimi secoli della storia dell' Occidente. Quelli della «Morte di Dio» che è la figlia legittima, inevitabile, della «Vita di Dio» e «Invincibile» sino a che non ci si sappia rivolgere al «Senso» essenziale e non si sappia mettere in questione la «Creatività» e la «Volontà di Potenza» dell' uomo, ariano o non ariano che sia.


1 commento:

  1. bello . parte dello scritto mi è utile per proseguire nella stesura dei miei articoli sulla presenza del male nel mondo.

    RispondiElimina