domenica 31 agosto 2014

ARTE E SACRO


All'inizio, lo scopo della festa e del culto , e dunque di tutto ciò che e' loro unito e che chiamiamo «Arte», e' la salvezza che il divino, nella sua sacralità, può dare. Rivolgendosi al sacro l'uomo vuole salvarsi dal dolore, dalla morte, dall'angoscia. Poi capisce che certi ingredienti, come quelli artistici, non sono essenziali alla salvezza. 
Ciò che salva, dice Gesù, e' la Fede , non l'Arte. Se la salvezza sta nel divino, l'Arte e' un mezzo sostituibile, la Fede no. Nell'età moderna si fa invece strada la convinzione che se c'e' una salvezza per l'uomo, sia pure precaria, essa non proviene dal divino e dal sacro; e che l'Arte può candidarsi come mezzo insostituibile per salvare l'uomo, o una elite. (L'altro candidato, vincente, e' la Tecnica). 
La Fede non muove più le montagne. Al culmine di questo atteggiamento, il principio dell' "Arte per l'Arte", dove l'Arte non solo e' il mezzo insostituibile, ma e' la stessa dimensione, il «Senso» stesso della salvezza. 
C'e' dunque un’ «Arte» che e' sacra perché ha come scopo la salvezza che il sacro può dare , un'Arte che quindi deve avere il sacro come contenuto; e c'e' un' «Arte» che ha come scopo una salvezza estranea al sacro, e che non e' sacra nemmeno quando il suo contenuto e' il sacro. O e' sacra, ma inessenziale alla salvezza, e alla fine sostituibile; o e' essenziale e insostituibile per la salvezza, ma non e' sacra , e sostituibile e' il sacro che essa ha eventualmente come contenuto. Grosso modo, la prima e' l'Arte antica, la seconda e' l’Arte moderna. 
Quando si sostiene che anche l'Arte astratta e informale del nostro tempo può essere sacra se in qualche modo esprime il rapporto dell'uomo a Dio, si dovrebbe tener presente che ciò da cui l'Arte astratta astrae, e la forma che l'Arte informale distrugge, non sono altro che quell'Ordinamento stabile e quella Legge inviolabile del mondo e dell'uomo, che sono stati portati alla luce dalla tradizione occidentale, e che da ultimo sono riportabili al sacro e a Dio. 
Nell'astrattismo e nell'informalismo, come nell'atonalismo musicale diventa estremo l'atteggiamento che rifiuta la salvezza sacra per la salvezza artistica e che quindi assume l'Arte come strumento insostituibile per la produzione della salvezza. Anche in questo caso, si tenta di aggirare l'ostacolo, dicendo che lo scopo dell'Arte può essere non l'una o l'altra, ma la sintesi di quelle due forme di salvezza. 
Si fa un discorso analogo, in campo economico, quando si afferma che lo scopo della produzione capitalistica può essere, insieme, il Profitto e la Solidarietà. Ma e' inevitabile che ognuna delle due forme della sintesi limiti e mortifichi l'altra, che avrebbe più vita e respiro se fosse sola. 
Proporsi come scopo una sintesi di scopi e' come avere «due padroni». Ma se uno dei due e' Dio, l'altro, e' ancora Gesù a ricordarlo, e' «Mammona». Il Cristianesimo non ha forse mostrato un gran fiuto, nella sua storia millenaria, a percepire nell'Arte una grande nemica? Giacché era inevitabile che l'Arte, quanto più andava avvertendo la propria inessenzialità alla salvezza sacra, reagisse, e vedesse essa, nel sacro, qualcosa di inessenziale alla salvezza. E si servisse del sacro, come il sacro si era servito di lei.

venerdì 8 agosto 2014

IL VERO PECCATO: LA MORTE.


Stando al significato assunto storicamente dalla parola Dio, esiste qualcosa di infinitamente più alto di Dio. Il Dio storico, infatti, è una delle forme più radicali della violenza, e la vicinanza tra Satana, che è omicida sin dall'inizio, e Dio diventa inevitabile. Ma in quello stare infinitamente più in alto appare che la «Violenza» e la «Morte» sono già da sempre vinte anche se la «Fede» nella loro esistenza domina il mondo. La «Violenza» domina il mondo. Rende nemici stati, etnie, famiglie, individui e l'individuo stesso rispetto a sé stesso. 
Il Cristianesimo è una delle forme più alte che l'uomo abbia evocato contro di essa. Tutte le grandi religioni hanno l'intento di tenerla lontana. Parlano un linguaggio che i popoli possono capire. Ma soprattutto il Cristianesimo si è confrontato per due millenni con la Filosofia, la quale non parla certo il linguaggio che la gente capisce, ma è entrata nel sangue delle religioni, e poi di tutti i grandi eventi della storia europea: Rinascimento e Arti, Scienza moderna e Diritto, Rivoluzione francese, Capitalismo e Comunismo. 
La Filosofia stende la mano alla coscienza religiosa, a quella cristiana in particolare, per portarla più in alto. Si distingue la «Violenza» dalla «Volontà». Esiste la «Volontà» buona, si dice: combatte quella cattiva che, essa sì, è «Violenza». La «Volontà» non può esser messa in discussione! Allora si potrebbe incominciare a pensare che altro è volere sapendo che volere è «Peccare», è «Violenza», altro è volere non sapendolo. Volere è «Peccato» e «Violenza»? La «Violenza» può esistere solo perché si crede che il mondo sia disponibile alla volontà (umana o divina) di trasformarlo. 
Nel Paradiso cristiano non c' è «Violenza», soprattutto perché l'Ordinamento divino che vi regna è un sole immutabile, inviolabile, immodificabile. E nessuno dei beati vuole trasformarlo. Gesù dice ai Farisei, che vogliono ucciderlo, che il loro padre è il diavolo, che sin dall'inizio è stato omicida e non è rimasto nella verità . Infatti ha indotto i nostri progenitori al «Peccato», cioè ad essere come Dio , e Dio ha punito l'uomo consegnandolo alla «Morte». 
Ad opera di un uomo , dice Paolo , entrò nel mondo il «Peccato», e ad opera del «Peccato» la «Morte». Ma ecco il centro di quanto va soprattutto pensato : che non è che la «Morte» sia entrata nel mondo ad opera del «Peccato», ma, all'opposto, che il «Peccato» è entrato nel mondo ad opera della «Morte»; e cioè che il vero «Peccato» è la «Morte»
Nei Vangeli, la parola più usata per nominare il «Peccato» è hamartìa, che innanzitutto significa errore. Ma prima abbiamo sentito l'errore più radicale, cioè la convinzione che le «Cose» divengano altro da ciò che esse sono, e che, diventate altro, sono altro da sé. Diventando un morto, il vivo è un morto. E ogni diventar altro è un morire. 
Credere nell'esistenza della «Morte» è credere che un vivo sia un morto, cioè un non vivo; che la stella sia non stella, e così via per tutte le cose che la volontà vuole far diventar altro da quello che sono, e che così vuole perché, appunto, crede che possano diventar altro. 
Credere nell'esistenza della «Morte» è l'errore estremo, il «Peccato» più profondo, più originale. Con la «Morte» il «Peccato» entra nel mondo perché il vero «Peccato» è la «Morte» stessa, cioè la «Fede» nella sua esistenza. È sul fondamento di questa «Fede» che si può decidere di uccidere. 
Ma la Filosofia ha un duplice volto: Uno guarda la notte, l' altro il giorno. Il vento che sta parlando è il vento del giorno. L' altro volto, mostrato dal popolo Greco , dice ancora il vento, se qualcuno è rimasto a sentirlo , rende estremo l' errore più radicale: crede di vedere che le «Cose» diventando altro da sé, diventano «Nulla» e da «Nulla» che erano, diventano «Esseri». A ciò provvede la volontà di Dio e dell'uomo. 
L'errore estremo è credere che il «Nulla», diventato «Essere», sia «Essere», e che l' «Essere» diventato «Nulla», sia «Nulla». Quando l'uomo vuole che l'uomo vada nel «Nulla» è omicida. Quando Adamo pecca è deicida. Ed omicida è il diavolo che spinge l'uomo nella morte. 
E Dio? Ma anche Dio non vuol forse creare il mondo dal «Nulla», e annientarlo quando creerà un nuovo cielo e una terra nuova? (Apocalisse ,21). Non crede forse anche Dio nell'esistenza della «Morte»? E non è forse questo il «Senso» originario dell'omicidio e della violenza?». Se la follia estrema è credere che uomini e cose divengano «Nulla» e ne escano, e questa «Fede» è il vero «Peccato», l' «Essere» è ucciso proprio dalla «Fede» che esso divenga «Nulla». 
Sul fondamento di questa «Fede» viene perpetrato l'omicidio autentico: si mette l'uomo (e le cose tutte) nel sepolcro del «Nulla», lo si fa diventare un «Nulla» , lui, che è uomo e non un «Nulla», lo si considera qualcosa che di per sé è un «Nulla». Poi si solleva il coperchio del sepolcro, e, trovando un cadavere, lo si salva, prima creandolo dal «Nulla» e poi liberandolo dalla «Morte», che però è la «Morte Eterna», non questa nostra «Morte», nella quale si continua a credere.