venerdì 16 maggio 2014

LA DOTTRINA DELLA MORTE DI DIO E DELL'ETERNO RITORNO


L’insostenibilità dell’idea di una «Causa Prima», di un fondamento, è il risultato di ciò che Nietzsche, nella prefazione alla seconda edizione di «Aurora», chiamerà l’«autosoppressione della Morale» (la disdetta alla Morale per moralità). Proprio il dovere di «Verità» predicato dalla Morale Metafisica e Cristiana, sostiene Nietzsche, obbliga l’uomo moderno a riconoscere come errori insostenibili i valori morali. Come «autosoppressione» deve essere intesa anche la «Morte di Dio» preannunciata in uno degli aforismi della «Gaia Scienza». 
Dio è stato ucciso dalla devozione dell’uomo religioso e dunque, in ultima analisi, la «Morte di Dio» è la conseguenza necessaria della religiosità. «Che altro sono ancora queste chiese», domanda l’uomo «Folle» del celeberrimo aforisma, «se non le fosse e i sepolcri di Dio?». Ciò, sia ben inteso, non significa negare metafisicamente Dio (nell’aforisma non si sostiene che Dio non esiste, ma che Dio «è Morto»), ma, allo stesso modo in cui smascherare l’errore non significa proporre una qualche Verità ad esso antagonista, significa semmai annunciare una nuova «consapevolezza», finalmente libera dai vincoli di Metafisica e Religione. 
Dio «e' Morto» (Vedi anche pubbl. Marzo 2014). Oggi si tende a ridurre la forza di questa affermazione di Nietzsche. Si sostiene che Nietzsche non abbia voluto dimostrare o fondare qualcosa come l' inesistenza di Dio, ma soltanto constatare che «gli uomini non hanno più bisogno di Dio e non credono più nella sua esistenza». Una Filosofia che, come quella di Nietzsche, nega ogni «Verità» in sé , non può poi pretendere che l'inesistenza di Dio sia una «Verità» in sé. 
Il «Divenire» del Mondo, (Vedi Pubbl. Febbr.-Marzo 2014 Tecnica e Senso Greco della Cosa- Il Divenire) che nella sua forma più radicale coincide con la «Creatività» dell' uomo, e' l'«Evidenza» , la «Verità Suprema» e «Indubitabile». Ma si tratta di capire che, se, al di là del «Divenire», esistesse un «Essere Immutabile» , un «Dio Eterno», una «Verità Definitiva» , il «Divenire» sarebbe solo un' apparenza, cioè non potrebbe esistere. Ma il «Divenire» e la «Creatività» umana sono la «Suprema Evidenza»; dunque non può esistere alcun «Essere Immutabile»; dunque «Dio e' Morto»; e' un Morto che per millenni e' stato creduto vivo. In “Così parlò Zarathustra” Nietzsche scrive appunto: «Che cosa mi resterebbe da creare se gli de'i esistessero?»: la «Creatività» e il «Divenire» dell'uomo non potrebbero esistere. Dunque non vi sono de'i", conclude Zarathustra. Questo dunque conclude la Dimostrazione che porta all'affermazione della «Morte di Dio». 
Nietzsche definisce «Nichilismo» quella condizione storica e spirituale in cui viene alla luce  definitivamente la menzogna della «Morale» e si scopre l’assoluta arbitrarietà dei valori su cui è fondata la Civiltà Europea. Tale scoperta, resa possibile dalla superiore civilizzazione dell’uomo moderno, sembra ridurre l’individuo ad un’esistenza priva di «Senso» e di «Scopo», al «Nulla Eterno» rappresentato dall’«Eterno Ritorno». 
Dio stesso ha finito per apparire «un’ipotesi troppo estrema», non più necessaria nelle nuove condizioni di sicurezza garantite dalla civiltà e dalla razionalizzazione della società. 
L’ estremizzazione del «Nichilismo», proprio perché distrugge ogni residua certezza Metafisica, preannuncia in realtà una nuova felicità per l’uomo capace di «dire si» ad un simile processo «decostruttivo» (per indicare la critica del procedimento con cui la Metafisica Occidentale ha definito l’Essere). Questa felicità, continua Nietzsche, coincide con il riconoscimento che ogni posizione di valore non è che l’espressione della «Volontà di Potenza» di singoli e gruppi e che la vita stessa, in quanto lotta di opposte «Volontà di Potenza», è la storia della sopraffazione dei forti sui deboli. I Valori, la Morale, le stesse Istituzioni non sarebbero perciò altro che lo stratagemma dei deboli e dei falliti per poter condannare e disprezzare i forti. 
Da questo punto di vista l’uomo forte sembra essere colui che è dotato di una superiore capacità interpretativa e la stessa lotta tra opposte «Volontà di Potenza» assume i tratti di un «conflitto» tra diverse interpretazioni (Esempio Fede e Ragione, vedi pubbl. Marzo 2013) o, come le definisce altrove Nietzsche, tra diverse «prospettive». 
Ciò non significa certo che tutte le «prospettive» si equivalgono, ma che, per discriminare tra di esse, è necessario avvalersi di nuovi criteri, estranei ai valori della tradizione Metafisica. I criteri che Nietzsche indica più costantemente per operare una tale scelta sono di tipo «fisiologico» (forza/debolezza, salute/malattia) e la sua stessa condanna del Cristianesimo e del Socialismo nasce proprio da una preferenza «fisiologica» della salute e della forza sulle istanze deboli e malate dell’egualitarismo. 
Nietzsche, ritornando ai suoi passati interessi estetici, collega «Arte e Volontà di Potenza». l’ Arte, a differenza di Metafisica e Morale, ma anche della Scienza, è l’unica attività umana libera da debolezza e malattia. Altrove, è lo stesso «Oltreuomo» a trovare il proprio modello nell’Arte e Nietzsche non esita a paragonare la «Volontà di Potenza» all’impulso Dionisiaco. 
L’Arte, come «raffinamento dell’organo», «divinazione», «sensualità intelligente», si oppone alla negazione nichilista e ascetica del corpo e si manifesta come testimonianza della «forza accresciuta» ed «espressione di una volontà vittoriosa». La «Volontà di Potenza» perciò non sarebbe altro che il Dionisiaco liberato e la dimensione estetica rappresenterebbe perfettamente la libertà estrema dell’uomo in un mondo privo di fondamenti e di essenze. Con questo recupero del Dionisiaco quale suggello della trasvalutazione di valori operata dall’«Oltreuomo» termina la parabola filosofica di Nietzsche. 
Non ci si e' mai resi conto, però, che anche la «Dottrina dell'Eterno Ritorno» di tutte le Cose ha lo stesso intento della «Dottrina della Morte di Dio»: escludere, in nome dell' «Evidenza» della «Creatività» dell'uomo e del «Divenire», ogni «Essere Immutabile» che smentirebbe e ridurrebbe a semplice apparenza tale «Evidenza». Lungi dall'essere un corpo estraneo nel pensiero di Nietzsche, la «Dottrina dell'Eterno Ritorno» appartiene alla voce che qui sopra abbiamo sentito, e anzi le aggiunge un timbro di straordinaria «Potenza». 
Quando le «Cose» diventano un Passato, si crede che non siano più modificabili dalla «Volontà» umana e sfuggano al suo «Potere». Irrevocabile e intoccabile, il Passato, che pur sembrerebbe regno di ombre e di fuochi fatui, diventa la massa più pesante e opprimente: incombente e Immutabile come Immutabile e' Dio che incombe sul «Divenire» e sulla «Creatività» dell'uomo. «Ciò che fu»: così si chiama il «macigno» che la «Volontà» non può smuovere , dice Zarathustra , quando essa si crede incapace di Volere a ritroso. Il «macigno» del «Così fu» grava sulla «Volontà» come il «macigno» di Dio; e' un «Essere Immutabile» come lo e' Dio e rende impossibile il «Divenire» della «Volontà», come Dio lo rende impossibile. E, dunque, come e' necessario affermare che Dio «e' Morto», così e' necessario affermare la morte del «macigno» del «Così fu», appeso al collo dell'uomo. 
La «Dottrina dell' Eterno Ritorno» ha appunto l' intento di indicare le condizioni che consentono alla «Volontà» di liberarsi dall'Irrevocabilità e Immutabilità del Passato. La «Volontà» e' «Creazione». (Questa e' l'Evidenza Suprema). Non può essere quindi qualcosa che si lasci sfuggire di mano il Passato, consentendogli di formare un regno intoccabile. Anche il Passato deve cioè continuare ad essere qualcosa di voluto. Non solo per un certo tempo, e poi non più ; ma in «Eterno». Ma la «Volontà» non può nemmeno chiudersi in «Eterno» nell'atto che vuole una certa cosa particolare, non può diventare essa stessa un «macigno Immutabile»: e' necessario che voglia anche altro, dopo ciò che essa dapprima ha voluto: dopo la veglia, il sonno, il cibo, l' amore e il dolore che si deve patire per ottenere ciò che si vuole. 
Si può dunque continuare eternamente a volere quel che dapprima si e' voluto, e, insieme, a volere altro ancora, solo se quel voluto (e ogni voluto) «Ritorna Eternamente», solo se infinite volte lo si rivuole così come era stato voluto. Se la «Volontà» non volesse eternamente questo anello dell'«Eternità» , e non fosse essa stessa questo anello, il passato le si ergerebbe contro come quel Dio Eterno che rende impossibile la «Volontà» e il «Divenire del Mondo». 
Tanto poco, dunque, la «Dottrina della Morte di Dio» e' la semplice constatazione che la gente non crede più in Dio, quanto poco ha «Senso» ritenere che la «Dottrina dell'Eterno Ritorno» sia la semplice constatazione che la gente non crede più nell'Immutabilità e Irrevocabilità del Passato. 
Queste due dottrine sono invece appoggiate sul Fondamento ultimo del «Pensiero Occidentale»: la «Fede nel Divenire». A differenza di quanto molti dei suoi stessi esponenti ritengono, il pensiero contemporaneo non e' uno «scetticismo ingenuo» che nega indiscriminatamente ogni «Verità» e quindi, per essere coerente, debba avere l' accorgimento di non presentare se stesso come «Verità» , e quindi debba evitare di intendere come qualcosa di fondato e di dimostrato la «Dottrina della Morte di Dio e dell'Eterno Ritorno». 
Chi non crede più di essere impotente verso il Passato e' l'uomo che ha oltrepassato l'uomo: «IL Super Uomo», perché sa che il «Divenire» e la «Creatività» del volere sono il Fondamento, la «Verità» originaria che esclude quella impotenza così come esclude ogni impotenza nei confronti di Dio.

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