lunedì 21 ottobre 2013

L' IMPRENDITORE


Lo Stato e' un' azienda. Chi e' capace di risanare e rafforzare una grande azienda sa anche guidare lo Stato. Anzi, e' il solo veramente capace di guidarlo. Un discorso, questo, che acquista credito nel mondo industrializzato. Anche in Italia. Alla sua base si trova l' immagine tradizionale dell' Imprenditore, che per energia, abilità , scaltrezza, spirito di iniziativa, prontezza di riflessi e sangue freddo e' capace di quello che la maggior parte delle persone non e' in grado di fare.
Un' immagine tradizionale, di cui già agli inizi degli anni Quaranta un economista come Joseph A. Schumpeter intravvedeva l' eclissi; ma che negli ultimi decenni si e' rifatta viva , anche perché nell' onnipotente messaggio televisivo la personalità dell' Uomo Politico ha ormai un peso determinante e quella dell' Imprenditore di successo e' ancora tra le più idonee a colpire l' immaginazione della gente.
L' uomo forte di cui oggi si parla e' per molti versi l' imprenditore capace, che decide di utilizzare la propria esperienza per risolvere i problemi dello Stato. L' Imprenditore mette a rischio il proprio capitale. Se non rischia, fa dell' ordinaria amministrazione, non esce da una routine che per la sua prevedibilità e calcolabilità e' praticabile da gran parte della concorrenza e non da' Profitto. Il Profitto cresce dove cresce il rischio. Rischio, azzardo, scommessa, avventura formano il terreno in cui si muove l' iniziativa imprenditoriale. Un Imprenditore che non rischia e' fallito in partenza. E dunque e' capace solo se insieme ai requisiti summenzionati ha anche quello di essere fortunato.
D' altra parte, se l' intrapresa e' liberata dal rischio (e dalla connessa fortuna e sfortuna) ed e' resa totalmente calcolabile e prevedibile, l' azienda si trasforma in un laboratorio scientifico, cioè in un' organizzazione della routine che rende superflua la presenza dell' Imprenditore: la razionalità scientifica non controlla più soltanto le tecniche utilizzate per la produzione del Profitto, ma finisce con il controllare anche il volume di decisioni in cui si esprime la personalità dell' Imprenditore e da cui dipendono le sorti dell' azienda. La presenza dell' Imprenditore richiede che l' intrapresa economica non divenga un calcolo scientifico accessibile a tutti in linea di principio e quindi tale da dissolvere ogni opportunità di investimento. Ma se l' intrapresa capitalistica e' costretta a muoversi nell' elemento del rischio, che cosa accade quando si concepisce lo Stato come un' azienda e la si mette nelle mani dell' Imprenditore?
Se questa operazione e' compiuta per davvero e non e' uno slogan elettorale, e' inevitabile che si dia vita a uno Stato a rischio, come e' sempre a rischio anche l' azienda che vada mietendo i più lusinghieri successi. O l' azienda si ferma, oppure e' sempre messa a repentaglio. E il successo sarà tanto maggiore quanto più la si sarà messa in pericolo. L' azzardo economico e' consentito perché l' Imprenditore, quando e' corretto, mette a repentaglio la propria ricchezza e se stesso. Ma se l' azienda e' lo Stato, il capitale messo a repentaglio e' la ricchezza di tutti i cittadini. Essi sono costretti a rischiare il proprio capitale e devono augurarsi che l' Imprenditore alla guida dello Stato continui ad avere fortuna. Possono vincere molto, ma possono anche perdere tutto.
Sembra che lo Stato moderno abbia il compito di evitare questi due casi estremi praticando una via mediana, che lasci peraltro aperta la possibilità di quei casi nell' ambito dell' iniziativa privata. Lo Stato e' la dimensione pubblica che non può mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini e che dunque non può essere un' azienda privata, la quale si muove per essenza nell' ambito del rischio. Certo, in democrazia i cittadini sono liberi di scegliersi uno Stato azienda e uno Stato a rischio, sperando nella fortuna di chi lo guida e loro. Sembra inoltre che il modello da noi considerato sia molto astratto, perché l' Imprenditore capace alla guida dello Stato sarà circondato da un team di tecnici e di scienziati con il compito di ridurre il più possibile l' aleatorietà delle decisioni, i rischi dell' azienda statale e la connessa possibilità di esiti sfortunati.
Tuttavia rimane vero che una maggioranza che voglia uno Stato a rischio impone il rischio alla minoranza, la costringe all' azzardo in modo affine a quello con cui in uno Stato democratico la maggioranza decide, attraverso gli organi di governo, di entrare in guerra. Tutto questo può essere lecito, ma non può essere nascosto, cioè va detto come va detto che uno Stato azienda e' uno Stato a rischio. Si tratta poi di vedere se il team di tecnici scienziati che assiste l' Imprenditore alla guida dello Stato gli lascia o no spazio. Se sì , la guida dello Stato viene affidata da ultimo a chi opera in condizioni di rischio sperando nella fortuna. Se no, lo Stato si trasforma in un apparato tecnologico che si propone metodicamente l' eliminazione del rischio e della fortuna dall' amministrazione della cosa pubblica. Cioè si propone di non essere un' azienda.

martedì 15 ottobre 2013

LA CRISI DELLA POLITICA - CONCLUSIONI -


Che la politica sia inganno , consapevole o no , lo si sa da qualche migliaio di anni: da quando in Europa si è fatto avanti il cosiddetto «Spirito Critico» (cioè la Filosofia). Il tiranno, antico o moderno, non dice di agire per il bene dei suoi sudditi, anche se fa credere (e per lo più crede) che essi andrebbero in rovina se lui non ci fosse. Come il tiranno, il politico democratico è un uomo. Ora, se il suo scopo primario fosse il bene comune , come egli continuamente ripete , piuttosto che un uomo sarebbe un Santo, perché subordinerebbe e sacrificherebbe il proprio vantaggio personale al vantaggio della comunità che egli intende guidare. L' uomo, invece, promuove un progetto volto a procurare certi benefici alla comunità, solo se nella realizzazione di tale progetto scorge un tornaconto personale. Non vuole il proprio bene allo scopo di realizzare il bene comune, ma vuole il bene comune allo scopo di realizzare il proprio bene. Altrimenti è, appunto, un Santo, ossia qualcosa che facciamo fatica a dire che è anche uomo. E un politico che dice, come dice sempre: «In cima ai miei pensieri c' è il bene comune» sta dicendo: «Io sono un Santo».

Si dirà: ma no, il politico democratico ha come scopo primario sia il proprio bene sia quello comune , che possono stare tutti e due sullo stesso piano. Fuori luogo, quindi, il riferimento alla santità. Ma, così, la torta è spartita tra i due beni. Cioè al bene comune il politico dà la metà delle proprie energie, nel migliore dei casi tale bene è la metà di ciò che il politico vuole. Nel migliore dei casi; perché l' uomo si fa sentire, e tende a rendere sempre più piccola la porzione destinata a quel bene. Di solito, in cima ai suoi pensieri sta il suo Tornaconto. Che d' altra parte deve avere una qualche utilità pubblica , così come in cima ai pensieri dell' imprenditore sta il Profitto, ma bisogna che le merci da lui vendute siano beni appetibili dagli acquirenti.

In ogni caso, il politico democratico non può dire agli elettori quello che sta facendo. Non può dire: «Lo scopo primario della mia attività politica , o della metà di essa , la dedico ai miei tornaconti». Non avrebbe più voti. Quindi è costretto a mentire. Non una volta tanto, ma di continuo. Egli non può essere diverso da come è. Proprio perché è un uomo. Non gli si può chiedere di essere un Santo. Il tiranno può non mentire e chiedere ai sudditi di morire per lui; il politico democratico non può non mentire.

Anche nei rapporti internazionali le dittature e le democrazie sono costrette a mentire. Sia in quanto sono Stati, sia in quanto sono formazioni sociali guidate da individui che, essendo appunto uomini, o si servono dello Stato tutt'intero per i loro vantaggi privati, o, anche qui (e nel migliore dei casi), dividono la torta a metà e assumono come scopo primario sia il bene dello Stato sia il proprio , cioè si servono, per il proprio vantaggio, di una parte dello Stato. E gli Stati, dittatoriali o democratici, sempre e tuttora in conflitto tra loro, furono e sono costretti a mentire per sopravvivere. Non solo non possono comunicare ai nemici attuali o potenziali le proprie procedure di difesa e di sopravvivenza, ma non possono nemmeno renderle pubbliche ai propri cittadini.

D'altra parte, che l'uomo politico ponga come scopo primario o come parte di esso il proprio vantaggio non significa che le cose vadano come egli vuole. L' uomo propone e Dio dispone, si dice. Più recentemente, si è parlato di «eterogenesi dei fini». Significa che gran parte di quanto accade non è ciò che l' uomo si proponeva di far accadere . Con l' inevitabile tramonto del marxismo, e quindi dell' Unione Sovietica e, insieme , per le stesse ragioni l' inevitabile tramonto delle altre grandi forze dell' Occidente, quali il Capitalismo, la Democrazia, il Cristianesimo stesso e la coscienza religiosa in generale, tramonta la loro volontà di porsi come scopi primari della società. Infine , l' Europa è destinata a unirsi sempre più strettamente alla Russia non più sovietica.

Durante la guerra fredda l' arsenale nucleare Usa ha protetto l' Europa dal comunismo sovietico e dalla pressione dei popoli poveri guidati dall'Urss. Dopo la fine di quest' ultima, i rapporti economici tra Europa e Russia acquistano un senso diverso e una diversa consistenza, perché la protezione nucleare americana dell' Europa contro la pressione dei popoli poveri ma sempre più pericolosi può essere sostituita da quella Russa. Il fattore nucleare è decisivo perché solo Stati Uniti e Russia possono distruggersi a vicenda e distruggere la Terra; e gli Stati possono assicurare la propria sopravvivenza solo schierandosi con l' uno o l' altro dei due leader mondiali.

Quindi sta diventando sempre più realistica la possibilità di uno schieramento che veda Europa e Russia dalla stessa parte. Ed è per ridurre questa possibilità che gli Usa intendono smantellare la dipendenza energetica dell' Europa dalla Russia. Il processo di avvicinamento tra Europa e Russia è gestito da individui umani, che inevitabilmente, come prima ho rilevato, pensano innanzitutto al proprio tornaconto personale, o (nel migliore dei casi) lo pongono tra i loro fini prioritari. Sembra che l' Europa compri il gas russo, che costa di più, e non quello americano, che costa di meno. Può darsi che ciò accada perché in questo modo qualcuno si arricchisce, ma resta il fatto che attraverso l' illegalità viene rafforzata la convergenza tra Europa e Russia, e cioè che l' astuzia della ragione si serve di tale illegalità per raggiungere il proprio scopo. Dove la ragione è da intendersi , si diceva , come ciò che accade attraverso ciò che gli uomini si propongono, ma è diverso da ciò che essi si 
propongono.


domenica 13 ottobre 2013

LA CRISI DELLA POLITICA - CAP.3


I mass media dedicano un'eccessiva attenzione ai politici e credono che la gente si interessi di quello che fanno costoro. I politici ostentano una straordinaria sicurezza circa la bontà dei propri progetti. In effetti, per agire bisogna esser sicuri delle proprie capacità . A maggior ragione, quando l'agire consiste nel comandare o nel proporre un piano di azione. A un politico indeciso non vanno voti. Ma la sicurezza dovrebbe indicare che la persona sicura e' guidata da un giudizio vero sulle cose. Invece il nostro tempo si e' reso conto che in un mondo continuamente fluente e cangiante non può esistere alcuna verità definitiva e immutabile.

Di uomini sicuri ne esistono ancora; ma ormai la nostra cultura sa bene che la loro sicurezza non ha alcun fondamento. I filosofi e gli scienziati riconoscono i limiti della filosofia e della scienza (e comunque la Verità non potrà mai abitare nelle opinioni e nei principi con cui gli individui affrontano i problemi della vita quotidiana). La prassi giuridica sa che ogni sentenza e' fallibile, e pertanto impugnabile.

Gli artisti non ritengono più di essere gli autentici custodi della verità. Per la psicologia chi crede di aver sempre ragione e' un malato mentale. La morale si adatta ai tempi. I capi economici si affidano alla Scienza e alla Tecnica, ossia a quelle incertezze che si sono mostrate ben più potenti delle antiche certezze. Solo i politici tendono a mantenere e a mostrare l'atteggiamento dell'uomo religioso, che non deve avere alcun dubbio intorno alla propria fede. Sebbene accada che quanto più un politico si mostra convinto di possedere la verità intorno alle questioni più o meno banali dell'amministrazione pubblica, tanto più i suoi avversari lo considerano un illuso o un disonesto. Una situazione, questa, che e' la caricatura di quanto capita alle non banali discussioni che contrappongono tra di loro i filosofi tradizionali.

In effetti, la grande politica della tradizione occidentale, ormai al tramonto, e' stata figlia legittima della filosofia classica. Cosicché il politico del nostro tempo e' sì, spesso, un sopravvissuto a un mondo che non esiste più ; ma se tutto questo non lo si sa, e' comprensibile che la sicurezza da lui ostentata in una società sempre più insicura trovi ancora credito. Sembra inoltre che sia i politici del nostro tempo sia i mass media siano vittime di un grosso abbaglio. Su scala planetaria, i mezzi stanno diventando gli scopi. Ad esempio, la Tecnica, che nei Paesi dell'Est doveva essere il mezzo per realizzare il Comunismo, e' diventata lo scopo del Comunismo; e il Comunismo e' morto. Qualcosa di simile, ma in modo meno appariscente, sta avvenendo anche per il Capitalismo.

Sino a che gli scopi dell'uomo si presentavano come il suo adeguarsi al vero ordinamento del mondo, questo rovesciamento, in cui il mezzo diventa scopo, non era possibile. A sua volta, la Democrazia e' il grande mezzo che si e' rivelato insostituibile per realizzare gli scopi, tra loro contrastanti, che la gente si propone. Ognuno di questi scopi dice: "Purche' io sia realizzato, adottiamo pure la Democrazia". Nelle democrazie occidentali sta invece prendendo piede l'atteggiamento che parla in quest'altro modo: "Purché la Democrazia sia realizzata e sopravviva, si voti pure per qualsiasi partito che assicuri tale sopravvivenza". Nel primo caso la Democrazia e' il mezzo; nel secondo diventa lo scopo, e le diverse posizioni politiche sono ridotte a mezzo. Esse sono quindi destinate, come ogni altro mezzo, a logorarsi.

Ora, i politici tendono oggi a identificare la loro attività con la Democrazia. Tendono cioè , ecco il loro abbaglio , a confondere il rapporto tra la loro attività e gli scopi che essa si prefigge, col rapporto tra la Democrazia e i contrastanti scopi politici che intendono servirsi di essa come mezzo (e che sono invece essi a diventare dei mezzi logorabili). La Democrazia sta diventando lo scopo dei valori politici; ma i politici si illudono che sia la loro attività , che ha come scopo quei valori, a dover diventare lo scopo della vita sociale. Un sogno. E i mass media lo prendono sul serio. I mezzi non si consumano e diventano scopi quando sono (relativamente) insostituibili. Così la Tecnica; così la Democrazia. Ma oggi l'attività dei politici e' sostituibile per definizione: ha attorno a sé una moltitudine di progetti politici alternativi che si proclamano più idonei e più veri e che con la loro stessa esistenza si indeboliscono a vicenda e si consumano. Ma la durezza delle cose farà uscire dai sogni.

sabato 5 ottobre 2013

LA CRISI DELLA POLITICA - CAP.2


La corruzione dei politici e degli imprenditori italiani e' una conseguenza , un sottoprodotto , della lotta che le società' democratico capitalistiche hanno dovuto sostenere nell' ultimo mezzo secolo contro il Comunismo. Ma quali sono i motivi che sostengono questa tesi? Forse l' accesso a fatti o a documenti che ad altri non e' dato conoscere? Certamente no! L' intellettuale si trova estromesso, per definizione, dai luoghi dove si decidono gli eventi più importanti. Ciò non di meno la riflessione critica sullo sviluppo storico riesce a portare alla luce qualcosa , il senso della storia, appunto ,di cui spesso non sono consapevoli nemmeno i protagonisti. Lo scontro tra Sistema Democratico Capitalistico e il Sistema Comunista e' stato senza esclusione di colpi. Ognuno dei due avversari ravvisava infatti nell' altro l' incarnazione stessa del male e dell' errore.
La radicalità di questa lotta e' un fatto; e il fatto da cui si deve partire e su cui più o meno tutti si trovano d' accordo. Ma una volta che lo si accetta si devono anche accettare certe conseguenze che, pur non essendo propriamente dei fatti, sono peraltro necessariamente (o logicamente) implicate da esso. Se, e poiché , quella lotta e' stata radicale, ognuno dei due avversari ha dovuto rendere il più possibile efficace il proprio dispositivo di difesa e di offesa , che non era solo di carattere militare, ma era anche organizzazione economica, finanziamento e distribuzione dei ruoli, controllo dei punti chiave della società . Ma tutto questo sarebbe stato impossibile se tale dispositivo fosse stato predisposto e avesse funzionato alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti. L' efficacia del dispositivo ne richiedeva cioè la segretezza, il suo sottrarsi alla dimensione pubblica della società . E nelle democrazie occidentali questo sottrarsi al controllo pubblico era inevitabilmente un porsi sul terreno dell' illegalità , visto che nelle società democratiche tutto ciò che le riguarda e' legale solo se e' pubblico e pubblicamente controllato. La radicalità della lotta anticomunista ha cioè costretto la legalità democratico capitalistica ad agire illegalmente. O soccombere, o agire contrariamente ai principi che essa stava difendendo contro il totalitarismo comunista.
In questo clima di inevitabile illegalità , la violazione delle leggi democratiche aveva lo scopo di difendere la Democrazia e il Capitalismo. Ma questo clima ha favorito quell' altro tipo di illegalità , dove l' anticomunismo era soltanto un alibi, cioè la violazione delle leggi aveva come scopo il vantaggio privato ed e' quindi sopravvissuta alla morte del comunismo. La corruzione privata come sottoprodotto della lotta anticomunista. Sono due forme molto diverse di illegalità se non le si distingue vien fatta sparire prematuramente la classe politica italiana e viene gravemente minacciato l' investimento di capitali.
Quando funziona la Magistratura e' una macchina che non può essere fermata con motivazioni etico giuridiche, ma con la giustificazione politica dell' illegalità che si e' dovuta praticare per difendere la legalità democratica in Italia (dove esisteva il più forte partito comunista occidentale). Questo non significa scagionare i ladri, che devono essere perseguiti e la cui perpetuazione deve essere resa impossibile mediante una legislazione adeguata. E si deve anche impedire, negli interessi della democrazia, che gli apparati illegali che hanno avuto la funzione di combattere il Comunismo vengano utilizzati oggi, da certi gruppi di potere, per arginare le aspirazioni della gente a una società più democratica e più vivibile. I politici e gli imprenditori italiani che hanno praticato l' illegalità per impedire che il Comunismo prendesse piede in Italia non devono dunque comportarsi come quelle ragazze di una volta che andavano all' altro mondo perché , non volendo far sapere in famiglia che non erano più vergini, si rifiutavano di farsi visitare dal ginecologo.
Che la democrazia italiana (e altrui) perdesse la verginità era inevitabile. Altrimenti sarebbe stata vergine e martire. Perché , dunque, non si tira fuori quella legge, approvata dal Parlamento italiano nel maggio del 1988, per la quale chi ha responsabilità politiche e viene accusato di azioni illegali può non essere incriminato qualora egli dimostri di avere agito nel superiore interesse dello Stato (Democratico Capitalistico)? Sembra dunque necessario depenalizzare le forme illegali della lotta anticomunista. Non solo rispetto al mondo dei politici, ma anche a quello degli imprenditori che in Italia hanno finanziato (sarebbe stato sorprendente il contrario) i partiti anticomunisti. Oggi l' Italia non può permettersi ne' la cancellazione della classe politica ne' l' ulteriore indebolimento delle forze imprenditoriali. Non e' un compito facile, ma ha il vantaggio di ridurre il male da curare, di non rendere utopiche le terapie e di ridurre considerevolmente i costi che, sul piano dello sviluppo economico, lo smascheramento della corruzione fa sopportare alla nostra società .

mercoledì 2 ottobre 2013

LA CRISI DELLA POLITICA - CAP.1


I politici sono ovunque oggetto di critiche e di insofferenza. Cresce la convinzione che i problemi della Politica debbano essere affrontati in modo nuovo, con mentalità' industriale e aziendale, con i criteri della Scienza e della Tecnica. Si stenta a comprendere le ragioni più profonde della Crisi della Politica , che non riguarda semplicemente la Cattiva Politica, ma la Politica come e' stata intesa dall' intera tradizione culturale dell' Occidente. Anche se può dare fastidio a qualcuno, la Politica, come molte altre cose ancora, e' generata dalla Filosofia e ne ha conservato i caratteri essenziali. Ma la Filosofia che genera la Politica e che si esprime lungo l' intera tradizione Filosofica fino alla prima metà dell' 800 sta tramontando, e trascina con sé anche la forma di Politica che da essa discende. La Politica e' in crisi non solo in Italia, ma investe l' Intero Pianeta. La Filosofia e' infatti il terreno in cui e' cresciuta la civiltà che oggi domina la Terra.
Che la Filosofia abbia generato la Politica non significa che prima non ci fossero stati i governi e i governati, ma .... che con la Filosofia compare una Volontà di Verità che prima era assente e che avvolgendo la vita sociale da' luogo a ciò che ancora oggi chiamiamo "Politica". Compare cioè la Volontà che l' intera vita dell' uomo, quindi anche e innanzitutto la vita nello Stato, sia guidata dalla Verità, da un sapere che non può essere smentito e che quindi deve in qualche modo spingersi fino agli estremi confini della Realtà , avvolgendola , inglobandola tutta in sé . La storia dell' Europa e' guidata da questo intento.
Anche le grandi forze del mondo contemporaneo , Sia pure in modi molto diversi, il Totalitarismo di destra, il Socialismo reale, il Cattolicesimo, la Democrazia e lo stesso Capitalismo richiedono una forma di politica che affonda le proprie radici nel terreno della Filosofia e che e' del tutto inconcepibile senza di esso. Per le prime tre di quelle forze la cosa e' evidente. Meno, per la Democrazia e soprattutto per il Capitalismo: nella misura in cui essi vengono ridotti a Tecnica, a semplici strumenti per la realizzazione di scopi politici o economici.
Riducendo il Capitalismo a Tecnica, si e' appunto indotti a ritenere che i criteri e le procedure dell' attività capitalistica debbano ormai sostituire le pratiche della Politica. Ma chi riduce il Capitalismo a Tecnica (e questo errore non e' compiuto soltanto dalla Chiesa cattolica) intende poi la Tecnica come indifferente agli scopi che con essa si vogliono realizzare. E qui il conto non torna più , perché il Capitalismo e' tutt' altro che indifferente agli scopi, cioè Non ammette che il proprio scopo possa essere qualcosa di diverso dal Profitto Privato. Il che implica una concezione della Proprietà e dell' Individuo che risale alla filosofia dell' Illuminismo e, se ci si vuole avvalere di Max Weber, alla matrice filosofica in cui cresce l' "Etica Protestante" e, in relazione a essa, lo "Spirito del Capitalismo".
Anche la Democrazia, come semplice strumento che favorisce la libertà  e non si impegna nella Verità delle scelte politiche, non e' congruente alla tradizione filosofica. Ma il modo in cui vien da essa inteso il soggetto delle scelte, l' individuo umano, risale a sua volta all' Illuminismo e alla concezione filosofica tradizionale dell' uomo , che questa volta converge verso quella cattolica, contraria com' e' a ogni forma di ingegneria che alteri la configurazione dell' individuo, di cui la persona di Cristo e' il modello immodificabile.

martedì 1 ottobre 2013

IL DECLINO DEL CAPITALISMO E DELLA POLITICA


Comunque la si giudichi, l' istituzione dell' euro senza un governo europeo è stata uno scacco della Politica. Un' analoga emarginazione della Politica è costituita da episodi quali il vertice Franco-Tedesco Sarkozy-Merkel che sicuramente ha proposto un governo Economico e non Politico dell' Europa. Ma altra cosa è l' agire economico (imprenditoriale e finanziario) composto di razionalità e rischio del mondo Capitalistico, altra cosa è un governo Economico che deve procedere eliminando il più possibile il rischio e le ideologie, quella Politica inclusa, in favore della razionalità e propriamente, oggi, della forma di razionalità che compete alla Scienza Economica , la quale appartiene alla più ampia dimensione delle Tecno-Scienze, che stanno progressivamente dominando il Pianeta.
Certo, la Politica, come il Capitalismo e le altre grandi forze della civiltà dell' Occidente e dell' Oriente, puntano i piedi per non farsi travolgere. Ma anche l' agire politico, poiché non è Scienza, ha una forte componente di rischio, che però il politico deve nascondere per non allontanare da sé gli elettori.
La Scienza Economica non è (o non dovrebbe essere) l' agire Capitalistico . A sua volta l' agire capitalistico non è un agire Tecno-Scientifico , se ne serve (come credono di servirsene le economie pianificate); e proprio per questo non coincide con esso. Il rischio appartiene all' essenza del Capitalismo e appunto per questo anche il Capitalismo è una ideologia , come la Politica. Si rischia quando, a differenza che nell' agire Tecno-Scientifico, non si sanno prevedere le conseguenze non volute di quanto si fa, che tuttavia vien fatto perché si ha fede che i vantaggi che si possono ottenere facendolo siano consistentemente superiori agli svantaggi dovuti al non farlo. Si è sì capaci di constatare che la gente oggi non può muovere un passo prescindendo dai prodotti della Tecno-Scienza, ma quasi mai si avverte lo scollamento tra agire Capitalistico e agire Tecno-Scientifico. Invece altra cosa è produrre una centrale nucleare avendo come scopo l' incremento del Profitto privato del produttore (al quale egli mira rischiando , e, anche in questo caso, mettendo a rischio la vita altrui), altra cosa ancora è produrre centrali nucleari in base ai criteri della Tecno-Scienza, che mirano ad assicurare il più possibile la loro efficienza e a eliminare il rischio.
Il Capitalismo va verso il declino perché l' economia tecnologica va emarginando l' economia capitalistica (come in qualche modo ha già emarginato l' economia pianificata dell' Unione Sovietica). Invece, proponendo un governo economico, Germania e Francia contribuiscono sì all'emarginazione della Politica, dando però per scontato che l' unica economia possibile sia quella capitalistica. E, d' altra parte, danno sì l' impressione di voler consolidare la loro leadership economico-politica in Europa, e lo credono esse stesse, ma in effetti propongono un passo importante verso quella gestione Tecno-Scientifica dei problemi sociali che è destinata a sostituire la loro gestione economico-politica e a presentarsi come l' autentico governo Tecnico.
Considerato per quel che tende ad essere e non per come si fa percepire, il governo Tecnico europeo non è quindi il cosiddetto governo Tecnico di cui si parla in Italia per deprecarlo o auspicarlo. Questo secondo governo Tecnico è tenuto in vita dai partiti, cioè la politica gli assegna i tempi, i limiti, gli scopi. In esso la Tecnica è un mezzo della Politica. Nell' autentico governo Tecnico, invece, quando esso sarà uscito dall' ambiguità estrema da cui oggi sono ancora avvolte le sue anticipazioni, la Politica è un mezzo della Tecnica ed è tenuta in vita nella misura in cui essa gli serve.
Lo diciamo, anche se è ben difficile che l' autentico governo Tecnico prenda piede come sviluppo nel modo in cui è stato proposto dal vertice Sarkozy-Merkel. Si è ancora molto lontani dal comprendere il sottosuolo della relazione tra Politica, Economia, Tecnica. Ed è quindi naturale che Mario Monti, rilevando che l' Italia si è fatta imporre le misure anticrisi da un comitato tecnico europeo, lo abbia considerato come un semplice governo Tecnico controllato dalla politica Franco-Tedesca. Per lo più, vengono ancora ignorati i motivi che conducono verso il dominio della razionalità scientifico-tecnologica e al declino del Capitalismo e della Politica. Si auspica da più parti il ritorno della politica che mira ai valori ritenuti essenziali e che è capace di liberarsi dalla tutela economica.
Avendo cessato di esser vera, la Politica si è ridotta a elargizione di benefici per mantenere e accrescere il proprio elettorato. Di qui il prevalere dell' indebitamento statale e la dipendenza della politica dall'economia. Il rimedio: l' auspicio che la vera Politica venga riscoperta. Ma è accaduto e sta accadendo ben di più e qualcosa di ben più profondo : secoli di pensiero filosofico innanzitutto, ma poi il sapere scientifico e a suo modo anche l' esperienza artistica hanno messo in discussione e infine negato la Verità. Sotto questa spinta si è diffusa nel mondo la negazione della Verità che la filosofia stessa aveva inteso, lungo la tradizione dell' Occidente, come dimensione immutabile che sta ferma e guida il divenire del mondo, rendendo stabili e veri i valori della Politica. Il tramonto della Verità è il tramonto della vera Politica. Portando al tramonto la Verità, la Filosofia del nostro tempo libera la Tecnica da ogni limite assoluto e la autorizza a rovesciare il proprio rapporto con la Politica, l' Economia e le altre forze che intendono servirsi di essa: la autorizza ad abbandonare il suo ruolo di mezzo e a porsi essa come la forza che si serve degli antichi padroni. L' autentica grande politica del nostro tempo è il riconoscimento di questo destino.