domenica 17 marzo 2013

EMANUELE SEVERINO , IL FILOSOFO DELLA VERITA'





Emanuele Severino è l'unico Filosofo che ha saputo esplorare in maniera radicale le radici essenziali di questa civiltà. Dire che Severino sia l'unico Filosofo sembrerà a molti una dichiarazione eccessiva, ma essendo, oggi, la Filosofia Contemporanea degradata a Ideologia, a supporto culturale della Scienza o anche più esplicitamente a Fede, Severino resta in Italia l'unica voce che mette in crisi le ovvietà, le sicurezze e le illusioni di tanti «Maestrini del Pensiero»Proprio per la straordinaria novità del suo Pensiero (senza dimenticare le origini superate soprattutto in Nietzsche e Heidegger) Severino appare come un «Pensatore Infedele», ossia come un Vero Filosofo in quanto essendo la Filosofia la «Negazione» della «Fede», solo la Filosofia può prendersi cura della «Verità».

Per Severino, infatti la Civiltà Occidentale, squassata dall'attivismo Scientifico-Tecnologico-Industriale, non è che l' attuale versione di un «Errore» che, emerso al centro del Pensiero Greco, si è alimentato dei vari contributi del pensiero successivo: dalla Metafisica Classica alla Tradizione Cristiana al Marxismo.

Precisato nella sua specificità l'«Errore», simile a un processo onirico, Non è Cosciente: esso abita nell'Inconscio della Struttura Occidentale quale espressione della «Volontà di Potenza». Essa si manifesta nel credere che le cose nascono dal «Nulla» e si dissolvono nel «Nulla».
Se, nell'intendimento comune, la Civiltà Occidentale, è testimoniata dalla vicenda delle sue opere, ebbene per Severino tutto questo non è che il segno dello smarrimento del legame di tutte le cose con il loro essere, è storia dell' Alienazione.
Quando si parla di Alienazione, non si parla di Alienazione in senso Psicologico. La Follia autentica è qualche cosa di radicalmente più profondo che non la diagnosi di Follia fornite da quel tipo di Scienza che è la Psicanalisi.
La Follia autentica consiste nella Persuasione che la Realtà sia Storia.
Questa Persuasione, ormai, domina tutta la Cultura dell' Occidente, e impronta di sé anche le Culture dell'Antico Oriente, in questa Persuasione è contenuta la Convinzione che le «Cose» Siano «Niente».
E' questa Convinzione la Pazzia. Quindi, per Severino, ogni nostra azione non può essere ciò per cui si compie la Rivoluzione Essenziale.
Non è la progettazione del singolo, del gruppo o della classe, ma è la necessità dell' accadimento, cioè l' uscita dall'Alienazione. L' attesa autentica non è la nostra; ma è l' attesa che il Destino ha di se stesso.

Nella visione di Severino, l'annientamento delle «Cose» e degli uomini, che al senso comune appare ineluttabile, è solo il risultato di una cattiva interpretazione di ciò che Appare. Infatti, nella scena che è il Mondo Visibile, gli «Enti» Entrano ed Escono come Personaggi di Teatro. Quando Compaiono, chi dicesse che essi Nascono dal Nulla e che Muoiono  nel Nulla  quando Scompaiono, commetterebbe un «Errore». Il Movimento degli «Enti» è simile all'«Apparire e Sparire» degli Astri «Eterni» del Cielo, i quali «Sono» anche quando Non si possono Scorgere.

Insomma in questo Occidente che da tempo ha accantonato il sogno del sapere Assoluto, Severino ripiglia il tentativo «Sbalorditivo» della Metafisica Classica e della Filosofia: quello di trovare, di la dello spettacolo mobile e ingannevole delle Apparenze il «Senso» delle «Cose» come «Verità Innegabile» che a nessuno e ad alcunché sia consentito di smuovere. Armato dal suo forte apparato deduttivo, Severino, lungi dal riconnettersi alla Metafisica e alla Teologia, ne prende le distanze con un risoluto discorso critico. Questo discorso non ha nulla in comune con quello riduttivistico della Cultura Moderna la quale, dichiarando illusorio il Sapere Assoluto, si volge più modestamente alle parziali Verità Terrene.

IL PUNTO CENTRALE DEL PENSIERO DI SEVERINO E' CHE LA NOSTRA «FEDE», ORMAI NON PIU' TANTO SALDA, NEL «DIVENIRE E NELL'EFFICACIA DELL'AGIRE UMANO» (ALL'INTERNO DEL DIVENIRE) E' SEGRETAMENTE LEGATA ALLA PERSUASIONE CHE LE COSE SIANO «NIENTE». 

Salendo su una vetta orgogliosa, a coloro che vedono nella Metafisica e in Dio qualcosa di troppo dice: «Dio è troppo poco». L'Uomo che per Severino, è qualcosa di Infinitamente più grande di Dio (Del Dio della storia della Teologia) non si riferisce all'Individuo Comune Mortale, indotto dalla «Volontà di Potenza» a isolare la terra dalla «Verità» e ad appropriarsi delle «Cose».
Questo è solo un tratto del mortale ; l' altro tratto, in conflitto col precedente, è l' «Essere» già da sempre aperto alla «Verità».

La Struttura Originaria del 1958 che costituisce il Fondamento del Pensiero di Severino , non è l' «Essere»: è l'Apertura di un «Senso» (preso nel significato che tutto ciò che Appare è un «Senso» (la pianta, il tavolo, Hegel ecc. ecc.), il quale «Senso» è l'unico rispetto a cui ogni negazione è impossibile. Il NO che gli si dice non sta in piedi. E' un mettere se stesso di fronte alla propria forza negativa facendosene travolgere. La Struttura Originaria, dunque, non è l' «Immutabile», ma l' Apertura di un «Senso» all'Interno del quale appare l' Impossibilità di Negare che l' «Ente» sia ciò che Appare, e che ciò che Appare sia, come ogni «Ente», «Eterno».

Nota Finale:


Secondo Severino, la storia della filosofia nell'età contemporanea è rimasta segnata dal conflitto tra l'apparato epistemico-teologico da un lato, che è espressione del sapere metafisico tradizionale, e l'apparato scientifico-tecnologico dall'altro: il primo è fondato sul controllo del Divenire da parte di Dio o della divinità, il secondo sul controllo del Divenire da parte della «Tecnica», originatasi dalla ricerca della potenza da parte dell'uomo. L'esito dello scontro, concretizzato nella lotta per il prevalere tra le ideologie (Capitalismo, Comunismo, Cristianesimo, e Tecnica), vedrebbe il tramonto dell'«Episteme» e il prevalere della «Tecnica», guidata dalla Scienza: l'«Episteme», essendo previsione, annulla il senso del Divenire, la cui potenza consiste nella sua imprevedibilità. Questa tra l'altro fa sì che la stessa Scienza moderna oramai non possa più presentarsi come previsione, cioè come forma dell'«Episteme», diventando sapere ipotetico: ecco allora che il Divenire può mettere in pericolo anche la «Tecnica». 

L'esito del destino della verità deve dunque ritornare ad essere, per l'uomo, la consapevolezza dell'«Eternità» di tutti gli enti e quindi dell'inesistenza del Divenire, suo presupposto, la cui evocazione, avvenuta per la liberazione della potenza dell'uomo, è pura follia, in quanto, come diceva Parmenide, «l'essere è e non può non essere».

La verità assolutamente innegabile esiste e tutto ciò che esiste (nel presente, nel passato, nel futuro) è «Eterno», ossia non esiste alcunché che esca dal proprio esser stato «nulla» e che sia travolto nel «nulla». Certo, la più sconcertante delle affermazioni.

Dunque, la sconcertante affermazione  che tutto ciò che esiste è «Eterno», non è un «paradosso» che «si scontra» con l’esperienza, cioè «con il fatto che l’uomo muore». All’ opposto, a scontrarsi con l’esperienza sono coloro che, affermando la sua capacità di attestare l’annientamento degli uomini e delle cose, vedono in essa ciò che in essa non c’è e non può esserci. Sono molti, moltissimi, Non importa. Anche quando qualcuno ebbe a mostrare che è la Terra a girare attorno al sole e non viceversa, tutti gli altri lo negavano, sconcertati.


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